#iostoconipompieri

Alla c.a. Dott. Paolo Gentiloni
On. Presidente del
Consiglio dei Ministri

e p.c. al Dott. Marco Minniti
On. Ministro
dell’Interno

Spett.le Presidente
questa mia non vuole essere una lettera di protesta, se ho imparato una cosa nella vita è che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e ormai sono abituato al disinteresse che la classe politica italiana riserva al Corpo Nazionale, perciò so benissimo di quanto protestare sia assolutamente inutile.
Le scrivo però per dare un senso a quella latente rassegnazione che ho maturato e la parola “rassegnazione” per un vigile del fuoco rappresenta l’unica vera sconfitta, abituati come siamo a non arrenderci mai, inseguire con caparbietà le speranze più flebili perfino dove la speranza sembrerebbe non esserci più, poiché rassegnarsi significa davvero la fine di ogni speranza, il fallimento nonostante tutti gli sforzi, la resa davanti a qualcosa più grande di noi: a volte è la morte, altre la forza della natura, altre ancora l’indifferenza dell’uomo.
Mi piacerebbe insomma capire il motivo per cui il benzinaio sotto casa mi accrediti più del dovuto sulla tessera punti per “ringraziarmi del lavoro che faccio”, il ristorante del mio circolo sportivo mi offra il pranzo del bentornato dopo una missione importante o gli amici della compagnia teatrale preparino una festa a sorpresa con tanto di torta e magliette “siamo fieri di te” , mentre chi dovrebbe riconoscerci la dignità di uno stipendio adeguato alla nostra professionalità, alla nostra passione e ai rischi che corriamo ha per noi solo pacche sulle spalle, chiacchiere, belle parole che svaniscono allo spegnersi dei riflettori.
In un lavoro nel quale sono richieste enormi motivazioni la riconoscenza, l’apprezzamento e la vicinanza emotiva di chi si ha intorno sono valori fondamentali, ma nel pragmatismo della vita quotidiana purtroppo non bastano.
Non parlo soltanto del fatto che i supermercati non accettino voucher di buoni sentimenti, i mutui non si estinguano con un “grazie” o le piccole grande vicissitudini di tutti i giorni non possano essere pagate con la gratitudine di una nazione intera; mi riferisco alla vergogna che provo davanti alla faccia di un collega straniero alla domanda sul quanto guadagno, perché nella sua cultura lo stipendio è simbolo di meritocrazia e responsabilità; mi riferisco alle difficoltà degli organici sottodimensionati, parecchio sottodimensionati, della mancanza e vecchiaia dei mezzi in una professione che non avrebbe certo bisogno di difficoltà aggiuntive; mi riferisco al vederci sminuiti nel raffronto con altri Enti e Corpi dello Stato, moralmente, giuridicamente ed economicamente, di cui mi sento il fratello povero, una condizione non solamente frustrante ma spesso soprattutto un ulteriore ostacolo alla nostra operatività.
Signor Presidente, non Le chiedo di sanare queste mancanze, so che non lo farà, le chiedo soltanto di spiegarmi il perché, così la pianterò di coltivare anche quel briciolo di speranza che in fondo in fondo ogni vigile del fuoco tiene sempre accesa dentro di sé, sono stanco e fa male vederla frustrata giorno dopo giorno.
Ci conceda di metterci l’anima in pace, credo che almeno questo ce lo debba.

Marco Filabozzi – VIGILE COORDINATORE DEL CORPO NAZIONALE DEI VIGILI DEL FUOCO.