no arsenali si ospedali

Coronavirus: emergenza collegata alla distruzione degli habitat, effetto del riscaldamento globale e delle guerre.
Che fare per fronteggiarla?
La proposta dei Disarmisti esigenti, di WILPF Italia e di forze e personalità ispirate dalla cultura della terrestrità e della pace: convertire le spese militari in investimenti per la salute nella prospettiva di una conversione ecologica dell'economia, aderire al Trattato di proibizione delle armi nucleari, ritirarsi dalle guerre neocoloniali in cui siamo coinvolti come italiani, cessare il fuoco in tutti gli angoli del mondo 

Promossa da Disarmisti Esigenti e WILPF Italia (coordinamento politico organizzativo), membri italiani ICAN 


Con invito ad aderire, sostenere, diffondere

Questo testo, sotto riportato in colore nero, sottoscritto dai primi firmatari, sarà inviato ai membri del governo e ai parlamentari, sia di maggioranza che di opposizione. La consegna di tutte le firme al Presidente Mattarella avverrà il 2 giugno 2020 - Festa della Repubblica 

Nel frattempo appendiamo ai balconi la bandiera della pace e la bandiera dell'ONU per appoggiare l'appello di Guterres: cessate il fuoco in tutti gli angoli del mondo!

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In occasione della discussione e decisione della legge di Bilancio 2020 (verrà votata entro la fine del dicembre 2020) stiamo preparando un pacchetto di proposte concrete.

Abbiamo 4 idee base e ne aspettiamo di nuove da una consultazione digitale che abbiamo indetto per mercoledi 16 dicembre su Google Meet.

3 idee riguardano il reperimento delle risorse dal taglio delle spese militari:  

1) il no all'acquisto di nuove armi proposto da Sbilanciamoci (spesa 6 miliardi) purché sia avanzato, appunto, come taglio e non come posticipo;
2) il taglio dei fondi per le missioni militari all'estero (nel 2019 abbiamo speso 1,5 miliardi)
3) il taglio dei fondi per il mantenimento della condivisione nucleare NATO. In particolare l'adeguamento delle basi di Ghedi e Aviano per ospitare le nuove B-61-12 in sostituzione delle B-61. Cifra non bene definita, ma si tratta di poche centinaia di milioni;

Una idea riguarda la destinazione dei fondi pubblici:
4) l'appoggio alla riconversione della RWM come proposta dai comitati pacifisti sardi.


Altre proposte emergeranno  dall'incontro digitale cui vi invitiamo a partecipare.


Un ambito importante che speriamo recepisca queste proposte è la "Convergenza per la società della cura". Questa convergenza dovrebbe avvenire nella consapevolezza che abbiamo una crisi complessa da superare con un cambiamento di paradigma da perseguire come emergenza.

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Anno 2021: NO ARSENALI SI OSPEDALI individua come priorità la presentazione in Senato, grazie alla disponibilità di Loredana De Petris (LEU, capo del gruppo misto) del DDL di ratifica del TPAN.

Si stanno svolgendo incontri online per organizzare una "tempesta di messaggi" rivolti ai parlamentari.

E ci si organizza su iniziative di fiancheggiamento del compito principale: nell'incontro del 15 marzo, ad esempio, vengono affrontati i seguenti punti:

a) la solidarietà con la marcia di Pasqua organizzata dai pacifisti tedeschi a Buchel, la nuova Comiso; b) un coordinamento italiano sul rischio nucleare nei mari, che includa porti e scorie : si sta discutendo l'ipotesi Sogin che siano eventualmente trasportate sulle isole della Sicilia e della Sardegna... (Questo può avere collegamenti con un nostro webinar prenotato a Glasgow a novembre in occasione della COP26); c) la lettera all'ANCI per ricordare e onorare Petrov onde sensibilizzare sul rischio della guerra nucleare per errore; d) l'agosto antinucleare a Roma - iniziativa sulle ambasciate delle potenze nucleari Hiroshima e Nagasaki days - in concomitanza con la sessione di revisione del TNP a New York. Varie ed eventuali sono ovviamente benvenute...

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 TESTO DELL'APPELLO

Emergenza coronavirus: è chiaro che "dopo" la crisi in cui siamo tragicamente immersi ben poco resterà come "prima". E noi, le promotrici e i promotori del presente appello, siamo tra quelli che vorremmo un "dopo" di grande cambiamento in direzione positiva, in cui il "prima" - il malsviluppo dell'accumulazione per il profitto e per la potenza che ci ha condotto alla catastrofe - sia consapevolmente abbandonato.
Questo "dopo" dovrebbe incorporare i valori che, praticati "durante", ci permetteranno di superare nel miglior modo possibile questo difficile momento: dopo anni di chiusure nazionalistiche, di razzismi, di odi e conflitti armati, un senso di solidarietà tra le persone e tra i popoli; dopo l'attacco a tutto ciò che è statale e le privatizzazioni selvagge, una rivalutazione della sfera pubblica e degli interventi programmati da parte dello Stato; e soprattutto un inizio di consapevolezza della dipendenza e fragilità umana rispetto alle forze della Natura, che deve tradursi in comportamenti individuali e collettivi sobri e prudenti, di rispetto per tutta la comunità dei viventi. L'ecosistema globale sconvolto reagisce e ci attacca con "nuovi" virus, in attesa di colpi ancora più tremendi che verranno da tempeste, alluvioni, siccità, desertificazione, carestie...
Potremmo ora, edotti dalla drammatica esperienza che stiamo affrontando, finalmente percepire che tutti gli esseri umani, articolati nei vari popoli, sono una unica famiglia che appartiene alla Madre Terra e che, come consigliava Martin Luther King: "Dobbiamo imparare a vivere tutti insieme come fratelli, altrimenti periremo tutti insieme come idioti".


La componente ecopacifista dell'arcipelago nonviolento, ispirata dai Disarmisti esigenti, e a WILPF Italia, membri della Rete ICAN (Campagna Internazionale per l'abolizione delle armi nucleari), premio Nobel per la pace 2017, sulla base di questi presupposti di convivenza e collaborazione pacifica universale, propone che si inizi la conversione del sistema militare anche per sostenere le spese sanitarie urgenti necessarie per sconfiggere l'epidemia in corso, evitando la catastrofe.
L'apparato militare-industriale-fossile-nucleare è la principale causa delle minacce che incombono sull'umanità tutta: in primis il pericoloso intreccio tra minaccia nucleare e minaccia climatica in sinergia con la disuguaglianza economica e l'oppressione le cui vittime sono in crescita esponenziale a partire da donne, bambini e i soggetti fragili.


E' necessario, allora, che le risorse pubbliche ad esso destinate comincino a essere dirottate verso un serio "Green New Deal", una conversione ecologica dell'economia, uno stop all'accumulazione illimitata e un focus sui bisogni umani e di salvaguardia dell'ambiente, realizzante la piena occupazione; un ecosviluppo che vede tra i suoi pilastri anche una sanità pubblica messa in grado di fronteggiare emergenze come quella terribile da coronavirus.


Come richiesta urgente per l'Italia, proponiamo in particolare che le spese militari, a partire da quelle incostituzionali degli F35 e dei sistemi d'arma offensivi, siano dirottate subito verso misure sanitarie a beneficio della vita e della salute dei cittadini.

Reiteriamo la richiesta che l'Italia ratifichi il Trattato di proibizione delle armi nucleari, contribuendo alla sua entrata in vigore. E' mai possibile - non possiamo non chiederci - che una maggioranza al governo che, nel 2016, ha votato per questo Trattato al Parlamento europeo poi si sottragga ad un conseguente impegno in Italia permettendo che si continuino a buttare soldi per mantenere le bombe atomiche USA in Europa (e sul nostro territorio)?


Nel mondo sono in corso varie guerre con drammatiche conseguenze umanitarie ed ambientali, di cui tre proprio di fronte al nostro balcone mediterraneo: Siria, Yemen e Libia, questa ultima che vede più direttamente implicata l'Italia, a difesa dell'ENI, in intricatissime partite geopolitiche con il petrolio e le altre risorse energetiche come posta principale.
Dal punto di vista dell'epidemia queste guerre potrebbero essere devastanti, come a suo tempo lo fu la famigerata influenza "spagnola".
Qui citiamo le parole dell'illustre infettivologo Aldo Morrone, direttore del San Gallicano:
"Se ci fosse una vera volontà di contrasto dell'epidemia bisognerebbe partire da un immediato stop alle guerre, da un immediato riconoscimento del diritto alla mobilità dei migranti e dei rifugiati, in sicurezza. Non è una fissazione pacifista ma una necessità scientifica".

Il Segretario Generale dell'ONU, Antonio Guterres, ha colto perfettamente la questione quando ha avanzato la sua proposta per "l'immediato cessate il fuoco in tutti gli angoli del mondo". E quando chiede di "fronteggiare oggi un solo nemico: il Covid-19: finiamola col morbo della guerra e combattiamo la malattia che sta devastando il nostro mondo".

Accogliamo queste parole di Guterres e decidiamo di ritirarci unilateralmente da queste guerre e di revocare le missioni militari all'estero.
Sosteniamo l'alternativa della difesa civile non armata e nonviolenta promuovendo in particolare i corpi civili e le ambasciate di pace.
Orientiamo fondi pubblici verso la riconversione produttiva della industria bellica verso il settore civile: non bombe, cannoni e cacciabombardieri ma, ad esempio, i ventilatori e le attrezzature mediche di cui abbiamo tutti bisogno.
Ricordiamo il celebre adagio del mai dimenticato Presidente partigiano Sandro Pertini: "Si svuotino gli arsenali di guerra portatori di morte, si colmino i granai sorgenti di vita per milioni di persone che soffrono".

 

Primi firmatari/e:

 

Alex Zanotelli  - Moni Ovadia -Luigi Mosca - Michele Carducci - Vittorio Agnoletto - Guido Viale - Mimmo Lucano - Adelmo Cervi - Mario Agostinelli

 

Antonella Nappi - Sabina Santovetti - Tiziana Pesce - Ada Donno - Pola Natali Cassola - Agnese Ginocchio - Daniela Padoan - Carolina Pozzo - Claudia Pinelli - Isabella Horn - Francesca Cassarà 

 

Cesidio Angelantoni - Angelo Baracca - Moreno Biagioni - Maurizio Bucchi - Ennio Cabiddu - Alessandro Capuzzo - Tiziano Cardosi - Adriano Ciccioni - Tonino Drago - Cristian Facchetti - Giuseppe Farinella - Cosimo Forleo - Renato Franchi - Angelo Gaccione - Francesco Lo Cascio - Alessandro Marescotti - Pierangelo Monti - Renato Napoli - Giuseppe Natale - Enrico Peyretti - Davide Ravaglia - Mimmo Rizzuti - Marino Severini - Oliviero Sorbini  -  Luciano Zambelli

 

Coordinamento politico-organizzativo:

Alfonso Navarra  – Disarmisti Esigenti, promotori di XR PACE (cell. 0039-340-0736871 email alfonsonavarra@vrgilio.it)

Antonia Sani - Giovanna Pagani - Fabrizia Sterpetti - WILPF Italia

 

Con l'adesione di:

 

RETE LEGALITA' PER IL CLIMA

COMITATO FERMIAMO LA GUERRA - FIRENZE

LEGA PER IL DISARMO UNILATERALE

KRONOS PRO NATURA

ANGEV CIVITA CASTELLANA

ATTIVISTI DI XR PACE

GRUPPO ITALIANO AMICI DELLA NATURA

 

 

 

 

Seguono sotto riportati contributi di adesione da parte di Moni Ovadia, Antonia Sani, Guido Viale, attivisti di XR PACE, Alex Zanotelli; un accenno alla metafora della barca nella tempesta, tratta dal Vangelo, usata da Papa Francesco (al posto della retorica della guerra per caratterizzare il contrasto all'epidemia); la Salmodia contro le armi scritta nel 1972 da padre Davide Maria Turoldo, suggeritaci da Luigi Mosca per la sua attualita' ...

 

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MONI OVADIA

 

«Il virus sia la chance che ci permetta di ritessere ciò che è infranto»

Lorenzo Maria Alvaro intervista Moni Ovadia su VITA  (http://www.vita.it/it/interview/2020/03/17/il-virus-sia-la-chance-che-ci-permetta-di-ritessere-cio-che-e-infranto/310/)


Per l'intellettuale ebreo l'emergenza sanitaria può essere un'occasione. «È una grande chance perché ci dimostra che dobbiamo fondare il nostro progetto umano sulla fragilità, non sulla forza. Ci può insegnare a porre come perno della costruzione della nostra società, la forza della fragilità»

Sono ormai tre settimane che l'emergenza Covid19 è l'argomento principale di ogni media della terra, Ma mentre prima il virus era una vicenda del lontano Oriente oggi, dopo che l'asia ha di fatto archiviato velocemente l'emergenza, nell'occhio del ciclone c'è l'Occidente. Con l'Europa, oggi il centro dell'emergenza e gli Stati Uniti che lo diventeranno presto. C'è chi però non si limita al conto dei malati o al conteggio dei danni economici. Moni Ovadia, intellettuale italiano di origini ebraiche, che come tutti è chiuso in casa, «lascio andare i pensieri, leggo molto e cerco di guardare al di là del contingente, per afferrare un'orizzonte».


 

Come vede gli italiani in questa situazione?


Molto onestamente sono in genere infastidito dalla retorica patriottarda dei politici. Trovo però che queste manifestazioni da balconi e finestre siano il frutto di una reazione collettiva che cerca di ritrovare il senso di comunità. Quello che però dovremmo ricordare è che in Italia ci sono 12 milioni di evasori. È bello cantare e condividere un momento come questo. È un modo di sentirsi vicini. Ma mi piacerebbe che insieme a questo si attivassi un processo di rimessa in questione di come viviamo, non “al tempo del coronavirus”, ma normalmente. E di conseguenza del senso cui apparteniamo. Oggi il nostro baricentro è lo sfrenato consumismo. Al limite il piagnisteo diffuso quando ci è impossibile esercitarlo. Dobbiamo ritrovare il senso della centralità della vita, della centralità del bene comune, della centralità della comunità sociale umana unica. Mi piacerebbe se si attivasse una profonda riflessione su questo. Sarebbe bello ritrovare il senso della vita, della fratellanza, della solidarietà. Non voglio fare il grillo parlante sia chiaro.

Però lo sta facendo...


Forse è vero (ride). Ma deve essere il fatto che sto facendo un reading dell'Enciclica di Papa Francesco che credo sia un documento che dovrebbe diventare patrimonio comune. Se c'è uno che non crede e che non è cattolico né cristiano sono io, però accidenti bisogna dire che è un'Enciclica prima di tutto sociale e quindi anche coerentemente ecologica. In quel testo noi ritroviamo il senso di quello che è definirsi “esseri umani” e di quel grande cammino verso una società di giustizia sociale che abbiamo intrapreso da migliaia di anni ma che è stato cortocircuitato dall'economia iper liberista che il Pontefice definisce “economia di morte”. È così vero. Basterebbe pensare che il Governo ancora a una volta mette in campo protezioni per tutti tranne che per gli operai della logistica. Ancora una volta la spina dorsale del sistema produttivo, la classe operaia, viene dimenticata in ragione del profitto. È una malattia da cui dobbiamo guarire.

Lei che si è sempre definito di sinistra radicale divulga un'Enciclica papale?


(Ride) Ai miei amici di sinistra quando l'ho letto ho detto: “Fate un po' come cazzo volete ma io vado a prendere la linea del Vaticano”. La verità è che abbiamo bisogno di meticciato culturale. Non ne usciamo se no facciamo un'alleanza. Come diceva Papa Giovanni XXIII servono “tutti gli uomini di buona volontà”. Senza settarismi. Non è il momento.

Può essere il Coronavirus l'imprevisto che ci dà la chance di rivedere i nostri modelli ed equilibri?


Assolutamente. Prima di tutto però dobbiamo dire che questo virus ha l'aspetto tragico delle morti. Non si può dimenticarlo. Detto questo è una grande chance. Soprattutto perché dimostra che noi dobbiamo fondare il nostro progetto umano sulla fragilità non sulla forza. Ci può insegnare a porre come pivot, come perno, della costruzione della nostra società, la forza della fragilità. Che è solo apparentemente un'ossimoro: se ci riconosciamo fragili evitiamo di cadere vittime dell'arroganza, dell'hubris.

Per citare Vaclav Havel “Il potere dei senza potere”...


Esattamente. Siamo creature fragili e questo virus ce lo sta dimostrando in modo drammatico. Oggi la cosa più sensata è accettarlo. Sarebbe bello, e lo dico in senso laico, che questo obbligo forzato di stare nelle proprie case con le proprie famiglie diventi l'occasione di un ritiro spirituale. Cioè di riflessione sul valore delle relazioni umane e di ciò che è l'autenticità che la vita ci offre che abbiamo barattato con il consumo. Anzi tramutato in consumo.

Ha citato la fragilità, l'hubris, il mondo classico che è la culla di quel pensiero e di questo modo di guardare all'uomo. In questo senso il mondo latino, mediterraneo, può tornare a indicare una strada che si è persa per inseguire una visione più calvinista della vita, sempre più chiara guardando a Boris Johnson e Donald Trump?


Come ebreo approfitto di questa domanda molto giusta per dire che, in termini weberiani, l'unica fede che ha stabilito una relazione tra accumulazione capitalistica e redenzione è cristiana: il calvinismo. Non gli ebrei. Nonostante le barzellette (ride). Mai nel Talmud né nella Torah si troverà un riferimento all'accumulo di danaro come valore. Venendo al punto questa domanda mette il dito in una grande piaga. Tutto ciò che ha formato la civiltà dell'Occidente, del vicino Oriente e attraverso l'Islam anche a parte dell'Oriente è nato tra la Mezzaluna fertile e il Mediterraneo. Ebraismo, grecità, Cristianesimo, Islam. Sono nati in quel magico luogo. Il cristianesimo ha preso una deriva che lo ha portato a perdere i valori originali quando si è occidentalizzato, quando ha smarrito l'elemento della sapienza mediterranea orientale. Oggi l'Occidente cos'è a parte denaro, mercato e questo tipo di idolatrie? Ha una proposta spirituale? No.

L'Occidente ha anche grandi meriti però, o no?


Certamente. L'Occidente ha fatto grandi cose e dobbiamo essere onesti. Come i diritti, l'immensa cultura dei diritti. Ma di quella cultura, a parte i diritti civili che non disturbano il potere vero, non si può allo stesso tempo dire che ha abbandonato quel cammino dei diritti? Addirittura qualche solone ha scritto che a causa dei problemi economici non ce li possiamo più permettere i diritti sociali. Dobbiamo tornare al senso primo, quel cammino di conoscenza. Come diceva Emmanuel Lévinas “la filosofia parla greco. L'etica parla ebraico”; e latino per via del contributo decisivo cristiano, dico io. Allora se noi ritroviamo quell'humus orientale, quell'aria desertica e quei venti del Mediterraneo, quel calore che è anche un calore intellettuale e spirituale, possiamo riprendere il cammino di redenzione dell'umanità. Se accettiamo di partire per la tangente occidentalista siamo persi. Teniamo conto che il cristianesimo diventa potere in Occidente. Ecco perché Papa Francesco è odiato dal potere, e anche da metà della sua stessa Chiesa.

In che senso?


Papa Francesco viene dall'altra parte del globo. Ma come chiamiamo le culture del Sud America? Latinoamericane. Perché c'è tutta la radice ispanica, quel clima di cui parlavo. Dove una parte del cristianesimo ha addirittura trovato la sua radice rivoluzionaria con la Teologia della Liberazione con il grande vescovo Hélder Câmara. Ma perfino il vescovo Óscar Romero è stato ucciso, nonostante non fosse un progressista. Il motivo è che difendeva il diritto dei poveri. Câmara diceva: «quando faccio l'elemosina ai poveri mi chiamano santo. Ma quando combatto la povertà mi chiamano comunista». Francesco viene da quel contesto. Quindi tronando al punto: noi europei mediterranei guardando al Medio Oriente, con rispetto invece che con aggressività, possiamo ricominciare un cammino. Ritessere quella parte interrotta per andare avanti. Dobbiamo ritessere l'infranto per poi proseguire.

A proposito della relazione Occidente e Oriente, l'economista Marcello Esposito, sostiene che questa emergenza sancisca il sorpasso orientale nei nostri confronti. È così?


Il problema è l'arroganza dell'Occidente che pensa di poter dare lezioni a tutti. C'è invece un enorme mondo, quello del lontano Oriente, che ha avuto grandissime spiritualità, verso cui noi continuiamo ad avere questo atteggiamento osceno di superiorità. Penso anche alla russofobia americana. Credo si debba piuttosto ridefinire la condizione geopolitica attraverso una pluralità di voci.

L'emergenza coronavirus potrebbe ridare la centralità perduta alla politica rispetto all'economia?


Assolutamente. Ma abbiamo bisogno di ridefinire il concetto di democrazia. Non può voler dire solo andare a votare ogni cinque anni. Questa è una scorza di democrazia. Un guscio vuoto. Per farlo serve ridefinire il senso della politica. Per me i partiti non hanno più senso, guardo ai movimenti. E guardo al Terzo settore, al sociale. Che oggi di fatto sopperisce all'abdicazione dello Stato. Quella è politica. Quella è la politica di cui abbiamo bisogno. Non i partiti. Con nuove forme da inventare. Pensiamo alla deriva della privatizzazione del mondo cominciata con Bill Clinton, tanto adorato dalla cosiddetta sinistra riformista. Bisogna ricordare che “privato” significa anche “tolto”. Cioè privare qualcuno di qualcosa. Abbiamo bisogno piuttosto di “privato sociale”, cioè di un privato che non pensa che cose come la sanità e l'acqua siano delle commodities, cioè beni negoziabili.

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ANTONIA SANI in dialogo con Alfonso Navarra 

 

Non riesco ad adattarmi all'uso sempre più frequente del termine "guerra", abbinato alla lotta contro il  coronavirus.

"Siamo in guerra", "dobbiamo vincere questa guerra". Espressione usata anche recentemente da Trump.

Tutti trasformati in guerrieri, anzi in militari, armi alla mano per sconfiggere il nemico.

L'emergenza non coincide con la guerra.

Credo che chi ha più di 80 anni non possa che opporsi all'uso di questa parola, sperimentata ahimè sulla propria pelle, parola  che ai più giovani può inculcare la voglia di combattere, suffragata dai videogames, una chiamata alle armi, addirittura sollecitata dagli adulti, applicata a uno scenario estraneo alla guerra, dominato da Scienza e Tecnologia.

Non è un caso che negli USA appena diffusasi  la notizia del contagio ci sia stata una corsa ai negozi di armi...   

Noi bambini uscivamo dalle nostre abitazioni di "sfollati", avvolti in coperte tra le braccia di nonni e zii, di corsa verso "il rifugio" più vicino per sfuggire al bombardamento annunciato da spaventose sirene. Avevamo fame e la paura di vendette di cui sentivamo parlare senza rendercene conto.

Il nemico non era un virus ma un essere umano, pronto a massacrarci, ben altra cosa di un involucro amorfo entrato involontariamente nelle nostre vite. 

 Ai nostri giovani noi insegniamo la Pace tra i popoli, il rifiuto delle armi, l'accoglienza di coloro che in fuga dalle guerre cercano ospitalità nel continente europeo....

 Come possiamo usare la parola "guerra" in senso positivo, come se l'eliminazione, il superamento di un'epidemia potesse essere paragonato a  una "vittoria riportata in guerra" , sia pure battezzata come "guerra santa", in cui consapevolmente i potenti del mondo mandavano al massacro intere popolazioni, costringendole ad affrontarsi l'un l'altra, divenute all'improvviso nemiche.?

Questa era, è, a tutt'oggi, la guerra. Non esportiamone le perverse rievocazioni su un terreno improprio.

 

ALFONSO NAVARRA COMMENTA L'INTERVENTO DI ANTONIA

Sto riflettendo su cosa sostituire, quando si parla di contrasto all’epidemia da covid19, alla abusata e debordante metafora della guerra, in cio' sollecitato dall'intervento di Antonia Sani, sopra riportato.

Come concepire questa crisi non usando la parola guerra? 

Non mi convince la soluzione trovata da Erri De Luca, come la ha proposta su Il Fatto Quotidiano del 22 marzo 2020.

Scrive De Luca: “Definisco la condizione attuale uno stato di assedio attenuato. Si sta come dentro Sarajevo degli anni ’90, ma senza piogge di granate, senza cecchini e senza penurie alimentari”.

Ecco, a me pare che anche lo stato d’assedio sia pur sempre collegato alla guerra e al suo immaginario.

Proviamo invece a pensare che siamo su una nave in piena tempesta e dobbiamo vincere la sfida della sopravvivenza. 

Siamo persone in uno spazio angusto e angoscioso, sovrastato da una enorme minaccia della natura che si manifesta nella sua potenza.

Conviene che ci attacchiamo spasmodicamente ai parapetti se no la furia del vento può buttarci in mare. E che ci ingegnamo a sapere armeggiare con vele e timone o affidarci e sostenere coloro che lo sanno fare.

Una ondata più alta e improvvisa, ma sempre attesa e temuta, può rovesciarci e sommergerci lasciandoci senza vita…

Non è una guerra, allora, è un tifone; e dobbiamo sapere guidare bene la barca su cui stiamo tutti per uscirne il più possibile indenni nel sentimento condiviso di fare parte della medesima comunità.

Possibilmente spodestando chi ci ha guidato su una rotta sbagliata conducendoci nel mare delle tempeste…

Ho avuto uno scambio di opinioni con Antonia e a lei la metafora del tifone, della barca sotto assedio che resiste alla tempesta, e che punta ad approdare in un porto sicuro, piace…

PAPA FRANCESCO, TRATTA DAL VANGELO, USA LA METAFORA DELLA BARCA NELLA TEMPESTA

Il 27 marzo 2020, alle 18, nel sagrato deserto di Piazza San Pietro, Papa Francesco ha impartito la benedizione "urbi et orbi" con un discorso da cui estraiamo le seguenti parole:

"Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati (...) Come quei discepoli ... anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme. (...)

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilita' e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorita'. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato cio' che alimenta, sostiene e da' forza alla nostra vita e alla nostra comunita'. (...)

Con la tempesta, e' caduto il trucco di quegli streotipi con cui mascheravamo i nostri "ego" sempre preoccupati della propria immagine; ed e' rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l'appartenenza come fratelli. (...)

Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami (Signore), non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta, gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato.  (...) E' il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri". 

 

GUIDO VIALE: PANDEMIA E CRISI CLIMATICA, SIAMO TUTTI SULLA STESSA BARCA

Ha ragione Papa Francesco: siamo tutti sulla stessa barca. Forse qualche anno fa su quella barca c’erano solo gli sfruttati a remare, mentre gli sfruttatori stavano a terra, al sicuro. Ma ora, con la crisi climatica e ambientale e la pandemia, in quel mare in burrasca ci siamo tutti. Alcuni continuano a remare, anche più forte di prima, per traghettarci sull’altra riva (sono i medici, gli infermieri e i lavoratori impegnati in produzioni essenziali), mentre “quelli là” remano contro; anzi, fanno remare contro una parte consistente della ciurma al loro comando, per riportarci sulla riva da cui stiamo cercando di allontanarci. Molti altri (quelli chiusi in casa, senza compiti specifici) sono semplici “passeggeri”, cui viene raccomandato di non muoversi troppo per non sbilanciare l’imbarcazione. Ma a riva, senza potersi imbarcare, è rimasta una folla di derelitti e di emarginati, di cui pochi si sono accorti, quasi nessuno si preoccupa e che molti governi hanno deciso di lasciare a terra. Per loro va apprestata al più presto un’altra imbarcazione. A poppa, per ora, non c’è nessuno che calmi la tempesta.

L’altra riva, quella verso cui cerca di dirigersi la barca, è la conversione ecologica; sono le misure necessarie per sventare questa come le altre catastrofi che incombono sulla specie umana a causa dei cambiamenti climatici, che tutti i governi del mondo erano riluttanti ad affrontare anche prima di questa pandemia, ma di cui ora nessuno parla più. Anche perché quelli che si battevano per imporre una svolta radicale, come Fridays for future e molti altri, non possono più riempire le piazze.

Ma questo non cambia la realtà delle cose. Per fare fronte a queste emergenze molte delle attuali produzioni dovranno cessare: sono in gran parte quelle già oggi non essenziali o nocive, a partire dall’industria delle armi, o dalle Grandi Opere inutili e dannose, come il TAV Torino-Lione e sono tante! Altre vanno potenziate immediatamente, come tutte quelle legate al sanitario e al cibo. Molte altre, le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, devono essere avviate o potenziate, riconvertendo, dove è possibile, gli impianti esistenti. La progettazione di questa riconversione può partire subito.

Ma chi decide che cosa fare e che cosa fermare? Il governo? I prefetti? I “governatori”? I partiti? La Commissione Europea? Sono le figure e le istituzioni più inadeguate. Se non fossero tali non ci avrebbero trascinato in questa catastrofe (da cui fanno ben poco per tirarci fuori). Non ci hanno mai veramente pensato, anche se climatologi, esperti di ambiente, epidemiologi (la scienza! Che è democratica se e quando si sottopone alla verifica dei fatti, ma di cui adesso c’è persino chi sostiene che avrebbe sempre guidato le scelte governative) e Greta Thunberg urlavano a squarciagola che il pericolo è dietro l’angolo. Nel migliore dei casi si continua a sostenere che con un pacco di miliardi da usare come incentivi il mercato (cioè proprio quelli che hanno sempre remato contro) avrebbe messo le cose “a posto”. Senza fretta, però, anche quelli che avevano già potuto constatare che “la nostra casa brucia”.

Così ora ripropongono la solita ricetta, ma “in salsa emergenziale”: creare liquidità con gli Eurobond (dato che i titoli di Stato di molti paesi verrebbero sottoscritti solo dagli strozzini) – ma è solo altro debito in mano alla finanza –  oppure creare qualche forma alternativa di moneta (che almeno non creerebbe altro debito). E per fare cosa? Per dare soldi alle imprese, tutte, perché paghino le forniture, per lo meno fino a quando i mercati globali, ormai squassati dalla pandemia, gliele faranno arrivare. E per continuare a produrre beni e servizi per mercati destinati a evaporare, invece di porre mano, dove è possibile, a quella riconversione che sola assicura un futuro; invece di bloccare subito le attività che un futuro non lo hanno e non lo possono avere. Manca la domanda, ci dicono gli economisti, e anche l’offerta: mettendo in circolo molto denaro, non per sostenere le attività essenziali e le esigenze di chi non ha più i soldi per fare la spesa, bensì i bilanci delle imprese, si attivano risorse inutilizzate (capitale e lavoro) e l’economia può continuare il suo corso. E’ la ricetta di Keynes, ma non funziona più: perché affida la selezione delle attività da ravvivare a un mercato che non sarà mai più quello di prima.

Quella selezione non può più essere fatta dal mercato né dall’alto: va messa nelle mani delle maestranze e dei loro rappresentanti, che sono perfettamente in grado di decidere che cosa è essenziale e che cosa no e che sanno districarsi tra le filiere delle loro forniture. Ma vanno mobilitate anche le associazioni territoriali (a partire dai Gruppi di Acquisto Solidale, che sanno come riorganizzare le filiere alimentari, e in parte anche quelle energetiche). E vanno valorizzati migliaia di esperti e di giovani neodiplomati e neolaureati, già occupati e non, ma oggi sottoutilizzati, insieme alle università e ai centri di ricerca, per svolgere a tappeto check-up multidisciplinari dei territori, degli edifici, delle aziende e per progettare in modalità condivise interventi di conversione e di efficientamento. I Comuni che hanno dichiarato l’emergenza, ieri climatica e ambientale e oggi sanitaria, dovrebbero varare subito un programma per finanziare e mettere al lavoro questi team. La governance del nostro futuro non può che partire di qui.

 

LUIGI MOSCA CI RIPROPONE PER LA SUA ATTUALITA' LA SALMODIA CONTRO LE ARMI, SCRITTA NEL DICEMBRE 1972 DA PADRE DAVIDE MARIA TUROLDO

 

David Maria Turoldo

Salmodia contro le armi 
(appello a tutti gli operai) 

 

Anche la Cina fabbrica armi, 
speravo, pensavo, dicevo: 
almeno la Cina! Basterebbe 
che la Cina si mettesse a camminare; 
cammini e basta, la Cina! 
Così cantavo: cento 
milioni in cammino, duecento 
milioni in cammino, cinquecento 
milioni in cammino... 
Invece è ferma, 
ferma come un oceano gelato. 
Sognavo sì, che esplodesse la Cina; 
ma di pura esplosione biologica. 
Chi arresta la vita? 
Chi può soffocare una fonte? 
Invece neppure la Cina. 
Anzi, anche la Cina - estrema illusione - 
si mette a imitare l'Occidente: 
il male del mondo è l'Occidente. 
E il peggiore dei mali è che tutto 
tutto si fa occidentale. 
E non solo per la questione delle armi, 
perfino in religione 
la malattia mortale è l'Occidente. 
Tutti giurano sulla Bibbia 
e intanto fabbricano armi. 

L'America fabbrica armi 
la Russia fabbrica armi 
tutta l'Europa fabbrica armi. 
L'America vende armi 
l'Inghilterra e la Svezia vendono armi 
la Francia e il Belgio e l'Olanda vendono armi 
perfino l'Italia - il più festoso paese 
d'Europa - vende armi... 
Di chi sono le armi del Medio Oriente e d'Israele? 
Di chi sono le armi del Sud-Africa, 
dell'Angola, del Mozambico? 
Di chi erano le armi del Biafra? 
Di chi sono le armi del Vietnam, 
del Vietcong, della Cambogia, dell'Indonesia? 
Armi nucleari, armi atomiche, 
missili, contromissili, armi chimiche, 
gas nervino, armi batteriologiche, 
armi psicologiche, armi 
armi armi! 
E torture! 

Due volte distrutta la terra, tre volte 
distrutta la terra, dieci volte 
cento volte distrutta la terra. 
E va bene: distruggeteci subito e sia 
finita. Ma non dite: 
noi siamo per la pace. 
" Il rappresentante della più grande potenza 
militare, saluta il rappresentante 
della più grande potenza spirituale. " 
Così non c'è più nessuna differenza? 
Meglio subito perduti: 
purché non si viva più 
in questo immobile terrore, 
tutti sotto l'immenso fungo di morte! 
Purché nessuno più dica: la pace, la pace! 
La civiltà, il futuro, il progresso, 
l'unità del mondo! 
E' vero il contrario; il dominio del mondo! 
Il prestigio, la tua ricchezza 
e la mia fame. La fame di due 
miliardi di uomini, di cinque 
miliardi di uomini, domani 
di dieci miliardi di uomini: 
questo oceano oscuro e ancora immobile. 
Almeno esplodesse questo oceano cupo 
e immobile; e Dio scendesse 
ad agitarlo. Perché da soli 
non possiamo, non possiamo! 
Nessuno ci libera dai nuovi Faraoni 
se Dio non scende a liberarci. 

Militari, sempre più militari 
dovunque, milioni di militari 
all'ovest, milioni e milioni 
di militari all'est, sull'Ussuri, sull'Everest. 
Uomini, per una divisa 
vendete la vostra libertà? 
tutti indietro verso la grande foresta: 
uccidiamoci subito 
prima che sia tardi. 
Militarismi nazionalismi razzismi 
d'ogni specie, classismi: 
come da principio come da sempre. 
E Cristo è venuto 
ma è come se non fosse venuto. 

E a comperare armi sono sempre i poveri 
e a fare le guerre sono sempre i poveri: 
i potenti vendono, i poveri comperano. 
E saranno sempre più poveri 
mentre loro saranno sempre più ricchi. 
I poveri non posseggono armi 
i poveri non hanno diritti! 
Almeno gli operai di tutto il mondo 
capissero, almeno essi: tutti gli operai! 
Che hanno da guadagnare gli operai 
a costruire armi? 
Tutte armi di morte contro di loro: 
costruiscono la loro morte 
con le loro stesse mani. 
Mai visto le armi uccidere i padroni, 
i molti Krupp del mondo; 
io ho visto uccidere solo i poveri 
e gli operai. Almeno gli operai capissero! 
Anche in Russia è avvenuto, 
anche in Ungheria è avvenuto; 
così in Cecoslovacchia, così in Corea 
e nel Vietnam e in varie parti dell'Africa 
ed ora in tutta l'America del sud. 
Armi dei ricchi e guerre dei poveri. 

Operaio, non costruire più armi. 
Ogni arma che fai sono moltitudini 
di poveri e di operai ad essere uccisi, 
con la tua stessa arma. 
Come fai a prendere la paga 
perché hai costruito armi? 
Come fai a lavorare per la pace 
se costruisci armi? Come puoi 
accarezzare i tuoi bambini 
dopo che le tue mani hanno costruito 
un fucile una bomba una mitraglia? 
Come fai a procreare creando armi? 
Quando tutti finalmente capiranno, 
tu domani sarai esposto al ludibrio 
un povero, beffato, esposto al ludibrio! 

Operai, lasciate le fabbriche di armi! 
Tutti insieme in un solo giorno, 
queste fucine di morte: 
insieme provvederemo giustamente alla paga, 
lasciatele a un giorno convenuto, 
tutti gli operai del mondo insieme. 
E scendete sulle piazze, tutti gli operai, 
a un ordine da voi convenuto. 
E andate sotto le " Case bianche ", 
di tutte le capitali 
e urlate tutti insieme, operai d'ogni specie, 
questa sola parola: non vogliamo 
più armi, non facciamo più armi! 
Solo questo urlate insieme 
nel cuore di tutte le capitali. 
E poi vediamo cosa succede. 
Per salvarci non c'è altro ormai. 
Allora sarete voi i veri salvatori; 
operai, fate questo 
e vivrete. E vivremo. 
E sarete invincibili. 

Tutto il resto è un nulla di nulla 
anche la religione senza questo 
è un correre dietro il vento. 
L'obiezione di coscienza: 
un lusso inutile; 
il movimento per la pace, 
una componente al sistema; 
non valgono queste contestazioni: 
moti di inutili disperazioni. 
Solo l'Utopia porta avanti il mondo. 
Vale solo questo: la nuova salvezza 
deve venire da voi operai. 
Inutili sono le barricate 
da lunedì sera a venerdì mattina 
perché dopo viene il weekend. 
Non vedete che vi comperano 
con una seicento e un televisore? 
E intanto vendono le armi che voi fabbricate 
perché sparino contro di voi. 

Né vale più dire guerra di offesa 
guerra di difesa: sono sempre guerre. 
Queste idee sono sempre micidiali 
quando giungono al potere. 
Perciò Cristo non vuole il potere. 
" Caino, che hai fatto di tuo fratello? " 
Ma intanto bisogna ammazzare Caino! 
Invece, " non uccidete Caino: 
sarà ucciso sette volte 
colui che uccide Caino! " 
E' stato così, è sempre stato così. 
La spirale della violenza doveva 
essere distrutta fin dall'origine. 
Non c'è altra via di scampo: 
non fare armi, operaio 
non fare armi. 
Allora sarai tu il nuovo Cristo che viene. 
Anche a difesa di Dio 
" Metti via la spada! " 
Ma bisogna che facciamo così, 
a un giorno convenuto, in tutto 
il mondo. Gli operai che scendono 
in piazza a gridare insieme: 
" non facciamo più armi! " 
Operai di tutto il mondo 
(o ci salveremo insieme 
o tutti insieme ci perderemo). 
A gridare dico insieme sulle piazze: 
" non vogliamo fare più armi! " 
Alla vostra busta paga 
tutti insieme ci penseremo. 
Immaginate, operai, per grazia vostra 
nessun'arma che spara sulla terra 
nessuna portaerei che naviga sui mari 
nessun fragore di bomba dal cielo. 
Per grazia vostra, operai, 
nessuna sirena che urla 
nessun reggimento che marcia 
in nessuna direzione, 
perché non ha armi, 
nessun lamento di uccisi: 
il silenzio, la pace! 
In grazia vostra, operai. 

David Maria Turoldo (dicembre 1972) 

 

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ATTIVISTI DI XR PACE (Francesca Cassarà, Alfonso Navarra, Sabina Santovetti, Carolina Pozzo, Renato Napoli, Davide Ravaglia, Giulio Giuli, Maurizio Bucchi...)

 Il COVID19 e' il comune nemico: serve un cessate il fuoco globale 

Il covid19 e' il comune nemico: serve un cessate il fuoco globale

L'appello di attivisti di XR Italia invita a sostenere la proposta di tregua globale delle guerre avanzata dal segretario dell'ONU Guterres. Una modalità di appoggio suggerito e' sottoscrivere l'appello NO ARSENALI SI OSPEDALI lanciato dai Disarmisti esigenti e da WILPF Italia

Il nostro mondo fronteggia un comune nemico: COVID-19. Al virus non interessano nazionalità  gruppi etnici, credo religiosi. [...] Sono i piu' vulnerabili - donne e bambini, persone con disabilita' , marginalizzati, sfollati - a pagarne il prezzo e a rischiare sofferenze e perdite devastanti. [...] La furia del virus illustra la follia della guerra. E' questo il motivo per cui oggi chiedo un immediato cessate il fuoco globale in tutti gli angoli del mondo"[1]

Queste parole sono alcuni estratti dell'accorato appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres del 23 marzo per un cessate il fuoco globale. A qualche giorno di distanza, queste frasi sembrano rottami: sono state prese ed ignorate dagli stati in conflitto, come dal mondo intero. E' innegabile che l'emergenza sanitaria in Italia minaccia direttamente la nostra incolumità  e quella dei nostri cari. Tutto attorno a noi sembra ripetercelo, i numeri giornalieri, le misure di contenimento sempre più rigide. Questo e' un ostacolo psicologico alla comprensione di come questa crisi che stiamo vivendo sia legata a quella complessiva, nonche' alla follia nuova e sempre rinnovantesi delle guerre. E' difficile vedere come le valanghe dell'ingiustizia, della guerra, della carestia e delle epidemie non siano mali distinti, separati nettamente come piaghe d'Egitto che imperversano a turno sul pianeta, ma piuttosto interconnessi strettamente.

I legami completi, tutte le cause e le catene di eventi conseguenti che formano queste valanghe sono estremamente complessi. Possiamo pero' provare ad andare insieme oltre al fronte della valanga, cercando di cogliere alcune connessioni fra le diverse crisi.

La furia del virus illustra la follia della guerra.

Come affermato da Guterres, il coronavirus non conosce differenze di etnia, ne' frontiere, nazionalità , credi religiosi. E a subirne le conseguenze maggiori saranno quelli che già  adesso vivono le conseguenze drammatiche delle guerre. "Sono i dannati del coronavirus: gli sfollati del nord della Siria, i rifugiati ammassati nella terra di nessuno tra la Turchia e la Grecia, gli abitanti intrappolati della Striscia di Gaza, i profughi delle guerre in Afghanistan, Sud Sudan e Yemen, i rohingya perseguitati in quella che fu la Birmania. Queste popolazioni hanno in comune il fatto di essere totalmente inermi davanti alla minaccia del coronavirus, precarie tra i precari su scala mondiale, vittime ieri dei disastri politici nei loro paesi e oggi della pandemia che non risparmia nessun paese e nessuna popolazione. [2] Questo elenco, che compare in un articolo riproposto dall'Internazionale, ci trasporta con crudezza nelle zone che rischiano di essere le piu' colpite da questa pandemia, ci trasporta nella vita di quelli per i quali "aumenta la sensazione di essere doppiamente vittime". L'articolo quindi si sofferma sulla situazione nel nord della Siria, dove sono più di un milione di civili sfollati, fuggiti da offensive che hanno deliberatamente preso di mira gli ospedali. La' non c'e' la  possibilità  di effettuare test e tamponi, ma il coronavirus miete già  le sue vittime, complici anche la condizione precaria dei campi, l'assenza di igiene e la malnutrizione che affligge già  più della meta'  dei residenti.

Per poter immaginare gli effetti che questa crisi sanitaria sta avendo e potra'  avere in quelle zone e su quelle persone basta osservare le conseguenze nei Paesi più ricchi al mondo. In molti di essi, compresa l'Italia, sono state prese misure estremamente limitanti circa la libera circolazione per contenere il virus; nonostante ciò ci ritroviamo tra le mani un sistema sanitario prossimo al collasso ed una lista di vittime che va allungandosi in modo angosciante ogni giorno che passa.

Ma la situazione che noi viviamo giornalmente e quella in Siria o nelle zone di guerra non sono due bolle separate. Infatti la radice profonda della guerra sta nel sistema tossico in cui siamo immersi.[3][4]

Extinction Rebellion non ha tra gli obiettivi primari quello di arrogarsi il diritto di stilare una lista di soluzioni alle molteplici crisi in atto, ma riteniamo che le scelte sui temi cruciali legati alle molteplici crisi che stiamo vivendo (sanitaria, ecologica, climatica, sociale) non debbano essere prese in maniera unilaterale dai governi; chiediamo che vengano istituite delle assemblee di cittadini con potere deliberativo, come strumento democratico da cui far guidare la politica rappresentativa, per discutere insieme delle problematiche e delle possibili soluzioni. Il cambiamento deve iniziare adesso, e deve partire da una presa di coscienza collettiva. Individualmente cerchiamo di fare delle riflessioni che ci portino a riconoscere lo stato di privilegio in cui ci e' dato vivere ed utilizzarlo per aiutare chi e' piu' in difficolta'. Questo, in un momento di lock down, puo' essere fatto con una donazione ad una delle tante associazioni che si impegnano nelle zone piu' colpite nel mondo, o firmando come singoli la petizione  promossa dai Disarmisti esigenti e da WILPF italia, https://www.petizioni.com/no_arsenali_si_ospedali. Il primo punto che si propone e' accogliere la proposta di Guterres del cessate il fuoco globale.

Agiamo in nome della vita, agiamo perche', come sottolineato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite: "e' ciò di cui la nostra famiglia umana ha bisogno, ora piu' che mai".

[1] https://unric.org/it/covid-19-appello-del-segretario-generale-onu-per-un-cessate-il-fuoco-globale/

[2] https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2020/03/25/coronavirus-onu-appello-tregua

[3] Persino in questi giorni di lock-down, il governo italiano "concede ai produttori di armamenti di decidere autonomamente quali produzioni tenere aperte e quali no", come viene spiegato nel comunicato della Rete Italiana per il Disarmo pubblicato da Pressenza https://www.pressenza.com/it/2020/03/il-governo-concede-allindustria-delle-armi-di-auto-regolamentarsi/?fbclid=IwAR0g9zl_bZk46-MDKtEtPhQDZdICzTy9s3C8MYDyS_JHmu4YTAnZIV1g1cE; per approfondire si veda anche: https://www.avvenire.it/attualita/pagine/coronavirus-ma-le-fabbriche-di-armi

[5] https://www.savethechildren.it/emergenze/emergenza-siria

[6] https://www.medicisenzafrontiere.it/landing/siria-freddo-2/?donation_type=1&A1=150&A2=90&A3=50&codiceCampagna=20.ZZW.SP.1.SEMGOOADW&utm_source=google&utm_medium=cpc&utm_campaign=siria-2020&gclid=EAIaIQobChMItpqkm_K86AIVh6iaCh0NdQWPEAAYASAAEgKdkPD_BwE

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Intervento di Alex Zanotelli (con il contributo di Massimiliano Pilati, Francesco Pugliese, Beatrice Taddei, Raffaele Crocco)

TAGLIARE SUBITO LE SPESE MILITARI!

Nel drammatico momento che stiamo vivendo in Italia e nel mondo intero, sentiamo il bisogno umano e civile di levare la nostra voce contro lo scandalo gigantesco delle spese militari, su cui come sempre i più tacciono.

Non dobbiamo tacere. In questo momento come mai è giusto e doveroso chiedere al nostro Governo di tagliare subito le spese per armamenti e destinare quanto risparmiato ai bisogni della sanità e a quelli di chi dovesse perdere il lavoro.

Si tratta di somme ingenti. E molto cresciute in questi ultimi anni mentre si tagliavano le spese per la sanità. Nel 2018 la spesa militare italiana è stata di 25 miliardi di euro, pari all’1,45 del Pil, in aumento rispetto al 2017 del 4%. Ma sono cifre pazzesche in tutto il mondo, vedi i dati sul sito del Sipri di Stoccolma.

Quella destinata ai soli armamenti nel 2018 è stata di 5,7 miliardi, aumentata di ben l’88% nelle ultime tre legislature, dice lo studioso Francesco Vignarca, secondo il quale “Tra i programmi di riarmo nazionale in corso i più ingenti sono le nuove navi da guerra della Marina, tra cui una nuova portaerei, nuovi carri armati ed elicotteri da attacco dell’Esercito, i nuovi aerei da guerra Typhoon e gli F-35”.

In particolare questi ultimi, gli F-35, sono da anni molto contestati dal mondo del pacifismo: una spesa enorme, oltre 50 miliardi di euro complessive, per un aereo con “difetti strutturali” (secondo vari esperti) e comunque un armamento d’attacco e al servizio di strategie d’attacco, in ciò sostanzialmente in chiaro contrasto con il dettato dell’art. 11 della nostra Costituzione. Un “inutile spreco di risorse” denuncia da tempo la campagna “Taglia le ali alle armi”. Quanto sarebbe utile dirottare questi miliardi verso il contrasto al surriscaldamento globale e ai cambiamenti climatici, quindi alla nostra salute?

Non dimentichiamo poi che nelle spese militari italiane ci sono quelle a supporto delle basi americane in Italia (con bombe atomiche) e non ultima c’è pure la spesa per i cappellani militari (circa 200, con un costo di 15 milioni tra stipendi e pensioni).

Un taglio sostanzioso a queste spese potrebbe essere subito deciso da Governo e Parlamento. Non sarebbe razionale oltre che giusto, soprattutto in questo momento?

Si pensi che un solo aereo F-35 costa la bellezza di 130 milioni di euro. Già il Governo Monti nel 2012 aveva ridotto da 131 a 90 gli aerei da comprare, perché non si procede subito almeno con un’altra bella sforbiciata? Quale forza politica si potrebbe opporre in questo drammatico momento? Quante le rianimazioni, quanto altro personale si potrebbero avere con il costo di un solo di questi aerei?

Non bisogna dimenticare poi che in questi ultimi anni la sanità italiana è stata massacrata da tagli lineari enormi: con Monti nel 2012 ci fu un piano di tagli per 25 miliardi in tre anni e la spesa per la sanità fu portata dal 7,1 al 6,7% del Pil; il governo Letta proseguì con un taglio di 2,6 miliardi e coi tagli continuarono il governo Renzi e la ministra Lorenzin. Negli ultimi 10 anni il Servizio sanitario nazionale ha subito un taglio di 37 miliardi di euro, col risultato di migliaia di posti letto in meno (siamo scesi sotto la media europea, 3,5 per 1000 abitanti contro 5), spese per il personale ridotte di 2 miliardi tra il 2010 e il 2018, persi 42,800 posti a tempo indeterminato, deficitaria la prevenzione. E ancora, il raddoppio della quota dei più poveri che rinunciano alle cure e la enorme crescita del divario sanitario tra nord  e sud (con la complicità delle classi dirigenti del sud). Un massacro. Tutto nonostante i tichet, il cui gettito è passato da 1,8 miliardi del 2008 a 3 miliardi nel 2018. Oggi piangono tutti, nel Palazzo, ma ieri?

La crisi del coronavirus impone di ripensare la nostra quotidianità ma anche i nostri stili di vita e i nostri modelli di sviluppo, non c’è dubbio. Perché non anche le priorità di spesa dei governi?

Ripensare le spese militari è un tassello prioritario del nuovo mondo da immaginare e concepire ove sia finalmente messa al bando la guerra e le spese degli Stati destinate a strumenti di vita anziché a strumenti di morte. Uno Stato lo sta facendo, è il Costarica. E’ possibile, è conveniente. Chiediamolo in molti, chiediamolo tutti.

 

Firma questa petizione

Firmando, autorizzo Giuseppe Marazzi a trasferire le informazioni che fornisco in questo modulo a coloro che hanno facoltà su questo argomento.

Non mostreremo il vostro indirizzo email online pubblicamente.

Non mostreremo il vostro indirizzo email online pubblicamente.







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Promuoveremo questa petizione a 3000 persone.

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