Petizione per l'applicazione della Legge sulla Dislessia

Cristian

/ #145 Riconosco di aver esagerato. Ho avuto un attacco di grafismo.

2011-07-10 13:40

#143: Ernesto Anselmo Cioffi - Re: Ultime due cose (forse)

Mi piace molto la frase finale dell'articolo segnalato: "Gli adulti molto spesso non capiscono e sono boriosi......per fortuna i bimbi sanno capire ogni cosa!!! "

Inoltre sono pure d'accordo sul fatto che non bisogna vergognarsi delle proprie diversità e/o difficoltà e si può essere comunque orgogliosi di noi. Questo è un prezioso insegnamento.

Però alcune cose non mi sono chiare e vado in confusione. Vi prego, non vi arrabbiate (vi farò alcune domande, in base ai miei dubbi, perché voglio solo capire meglio. Sotto cercherò di spiegarmi riprendendo le vostre affermazioni che spero di non aver travisato).

 

Punto primo di perplessità

Da Cioffi: [In soistanza, non solo combattiamo contro ogni negazionismo e contro quelle teorie che vedono nella dislessia una malattia o una disabilità e che a volte portano all'aberrazione della medicalizzazione; oppure guardiamo con grande perplessità (a dir poco) quanti con equilibrismi o masturbazioni mentali volessero vederci delle profonde e non meglio identificate motivazioni psicologiche; ma, andiamo oltre, e riteniamo l'essere dislessici un arricchimento, una caratteristica preziosa, un'altra intelligenza, che è discrimoinata dalla scuola e dalla società tutta, al pari di ogni "diversità".]

Secondo questo ragionamento, perchè non vi siete inviperiti contro la formulazione della legge che, invece, si focalizza proprio sul fatto che i DSA sono disturbi, seri, che meritano attenzione? Per la vostra ottica la legge non è un passo indietro?

 

Punto secondo di perplessità

Da Lucia Fusco: [Definirsi "dislessici" fa parte del conoscersi, fa parte di un modo di essere e di vivere...come nquando si afferma tranquillamente di essere africani, di essere nordici o di essere pigri].

Non capisco una cosa. Essere africani è un dato di fatto, come l'essere originari di una qualsiasi parte del mondo, come pure l'essere nordici.

Essere pigri, per riprendere quanto affermato da Lucia Fusco, mi sembra una cosa diversa. Mentre sui primi due aspetti non ci puoi far nulla, la pigrizia, se serve, la puoi modificare in base alle necessità della persona. Se serve, sulla pigrizia ci si può lavorare insomma (ovviamente senza esagerare, perché concedersi il lusso di un po' di pigrizia ogni tanto è un vero piacere). Quindi, non metterei insieme aspetti qualitativamente diversi, soprattutto dal punto di vista della modificabilità delle prestazioni.

 

Punto terzo di perplessità (che si collega al primo)

Da Lucia Fusco: [La cardiopatia è una malattia seria che si cura con i farmaci, l'epatopatico è una persona gravemente malata che ha necessità di cure e di farmaci continui, il malato oncologico lo stesso. Mi perdoni l'insistenza ma per il dislessico, dopo anni di ricerche e d studi, di approfondimenti e di confronti, è ormai chiaro che si parli solo di un modo di apprendere diverso ma che comunque c'è...].

In questo caso, il dubbio è legato al fatto che innanzitutto, per le suddette malattie, non è sempre possibile intervenire farmacologicamente (purtroppo i farmaci non risolvono tutto, soprattutto nelle condizioni limite o rare o in cui l'intervento peggiorerebbe la qualità della vita in misura maggiore alla patologia). Inoltre, anche quando i farmaci servono, da soli non bastano, perchè le persone possono scoraggiarsi e lasciarsi andare (questo è tutto l'aspetto della risposta soggettiva al farmaco ed al disturbo). Ma questi, ora che capisco il punto di partenza spiegati da Lucia Fusco ed Ernesto Cioffi, vedo che sono esempi sbagliati perché la dislessia non è considerata un disturbo (e questo lo accetto) ma una modalità diversa da apprendere (come negli stili cognitivi - ch' chi è più verbale, più visivo, ecc. - o le intelligenze multiple. Posso accettare anche questo).

Anche in questo caso, però, mi confondo. Faccio fatica a capiere e vado ancor più in confusione. Se come associazione siete realmente convinti che tutti i disturbi dell'apprendimento siano un modo di apprendere diverso, non un disturbo, perchè allora accettate che la legge vi azzittisca, imponendo con autorevolezza e ribadendo che invece i DSA sono disturbi per i quali serve una diagnosi emessa dal sistema sanitario nazzionale? Perché non avete lottato per la formazione degli insegnanti, perché imparassero a riconoscere i differenti stili cognitivi o le diverse intelligenze o le diverse modalità di apprendimento in maniera educativa, anziché patologizzante? Perché supportate l'idea che le figure di riferimento per i DSA siano gli operatori autorevoli (neuropsichiatre/i, psicologhe/gi, logopediste/i) e non gli operatori che naturalmente si occupano di educazione, formazione e istruzione nella normalità (insegnanti e pedagogiste)?

Ecco, accettando e sposando in pieno il vostro punto di vista, con interesse, ho il dubbio fortissimo che quanto fatto in realtà sia ampiamente controproducente perché, come sapete, ogni volta che c'è una diagnosi necessariamente dovrà esserci un intervento.

La scuola è tagliata fuori e non può né potrà intervenire sui disturbi. Gli insegnanti dovranno redigere i PDP (piani didattici personalizzati) sotto supervisione e consiglio di chi ha fatto la diagnosi (perché ovviamente i disturbi non sono di loro competenza e, non essendo esperti, non possono rischiare di invadere altri campi professionali - sarebbe abuso di professione). Chi interverrà secondo voi?

Lavoriamo sempre per ipotesi. Ipotizziamo che anche le leggi evolvano, per gradini successivi (esempio: prima si legifera che esiste un disturbo. Poi si legifera come si individua. Poi, si legifera come si interviene, ecc. Ovviamente mi rendo conto che le mie sono fantasie e, probabilmente, sto dicendo cose che nella realtà non esistono). Ipotizziamo, comunque, che dall'individuazione di un disturbo (perchè la legge parla di disturbo e, oramai, così è e sempre di più sarà) molti inizino a focalizzarsi sui trattamenti utili per quel disturbo (in realtà lo si fa già). Ipotizziamo che molti scoprano trattamenti efficai (lo si fa già). Cosa accadrà ai genitori che si rifiutano di seguire i trattamenti? Saranno considerati non curanti, trascuranti, inopportuni o altro? Potrò bocciare un bambino con DSA se il genitore si rifiuterà di farlo curare? Potrò denunciare il genitore perché a dispetto dei consigli di insegnanti ed operatori della sanità sta contravvenendo alle leggi?

Ecco, leggendo di voi, la mia paura è che avreste voluto lavorare su un piano di necessità di modalità educative ma vi stiate ritrovando su un piano di necessità di interventi terapeutici che, come punto di partenza, rifiutate. Ovviamente, anche questo potrebbe essere un mio pensiero totalmente sballato. Probabilmente non ho capito assolutamente nulla.

Immagino che, ovviamente, dietro al vostro operare ci sia stata una attenta riflessione ed abbiate considerato tutte le perplessità che mi vengo, oltre a migliaia di altre che vi saranno venute e che io non posso immaginare, perché battaglie non ne ho combattute, anche se a modo mio sono pacatamente agguerrito (e forse un po' ve ne rendete conto). Immagino anche che abbiate trovato delle risposte adeguate per essere certi che questa sia la strada migliore e per andare avanti per gradini (Cito Lucia Fusco [lunghissime sono state le nostre battaglie affinchè la legge fosse il più dettagliata e completa possibile. Dopo dieci anni questo è quello che "gli esperti che stanno riflettendo" ci hanno concesso...........per ora lo prendiamo e poi decideremo in seguito cosa altro fare.]). Immagino anche che abbiate considerato le conseguenze ed i rischi e abbiate considerato tutto accettabile, sicuri che la situazione non sfuggirà di mano. Immagino anche che non vi state accontentando.

Ecco. Io, da ignorante, mi faccio forse troppe domande, probabilmente perchè mi mancano molti elementi. Però, se potete e volete, aiutatemi a capire. Non chiedo altro.

Un caro saluto a tutte e tutti

Cristian