IO NON PARLO CON BRUNO VESPA

Sebastiano Comis

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2012-11-10 11:11

Secondo la mia esperienza, l'attuale c.p.c. determina un processo dispersivo, fatto apposta per mantenere il giudice estraneo e irresponsabile rispetto alle dinamiche processuali. Il risultato è che dopo anni di causa il pensiero del giudice è ancora un mistero imperscrutabile che verrà rivelato solo dalla sentenza. E'imperscrutabile anche perché il giudice, con udienze distanziate di mesi o di anni, ogni volta tratta la causa come se fosse nuova o comunque conoscendola vagamente. La stessa selezione delle prove avviene in modo autoritario e spesso arbitrario, senza in pratica possibilità di replica. Invece tutta la fase delle memorie andrebbe esaurita tra le parti senza intervento del giudice, inutile in questa fase. Dopo di che il giudice dovrebbe esporre per iscritto la sua posizione sulla causa, fissando una una udienza di confronto con le parti sul suo schema, seguito dalla discussione e sentenza o dalle prove, se già fissate. Il tutto da esaurire nel giro di pochi giorni. Questo risparmierebbe udienze, lo studio ripetuto degli atti, il lavoro di cancelleria etc. E' sottinteso un uso intensivo del processo informatico.
La concentrazione processuale e l'obbligo per il giudice di chiarire per iscritto il suo orientamento sulle questioni dibattute consentirebbe una sentenza, in parte per relationem, molto più stringata e convincente (oltre a determinare, in molti casi, la cessazione anticipata del giudizio).