GLI ISTITUTI DI CREDITO DEVONO CAMBIARE MODELLO DI BUSINESS

 

 

BANCHE E LAVORO,GLI ISTITUTI DI CREDITO DEVONO CAMBIARE MODELLO DI BUSINESS

Banche e lavoro, gli istituti di credito devono cambiare modello di business: le imprese garantire solvibilità. Sosteniamo il primo progetto italiano di finanza libera da interessi. L'obiettivo è quello di promuovere il risparmio e la creazione di una "economia solidale".

“Il momento è delicato e quello del rapporto tra ...mercato lavoro e banche è un tema che si porrà in maniera drammatica in tempi non lunghi, nel senso che ciò che sta emergendo è che le banche italiane non sono in crisi, ma devono rivedere in modo forte il loro modello business, che non potrà essere sostenuto dall’intensità di lavoro che oggi le affligge – spiega Adalberto Alberici, Univesità di Milano e SDA Bocconi – Non sono comprimibili i costi del lavoro in termini di remunerazione, ma credo ci si dovrà porre un problema a livello occupazionale in senso stretto”.

Per quanto riguarda il fondo ‘salva banche’. “Serve per tutti, tranne che per l’Italia, perché quelle italiane sono banche assolutamente solide – prosegue Alberici – la banca universale ha dimostrato di non essere un modello che va bene per tutti, quindi bisognerà rivedere il modello di business e probabilmente le banche italiane torneranno a un sistema pluralistico”.

Un problema che affligge il nostro Paese è quello inerente alle aziende che hanno difficoltà ad accedere al credito. “Il problema si risolve ricordandosi che le banche sono imprese anch’esse e che quindi certe iniziative, sia pure di base governativa, ad esempio quelle che vorrebbero modificare le linee di attività delle banche, sono assolutamente da evitare. Le imprese avranno credito in relazione alla loro solvibilità – conclude – Le imprese devono essere in grado di ricorrere al mercato dei finanziamenti e quindi i corporate bond non vedo perché non debbano essere emessi e non ritengo sia eticamente accettabile la motivazione di voler tenere il capitale ristretto. Inoltre credo nel dovere per tutte le imprese di dare maggiore trasparenza. Se ci fossero queste condizioni il mercato dei capitali ripartirebbe: oggi non ci sono e vanno create”.

Una situazione davvero complicata. “Siamo soggetti a regole a cui dobbiamo sottostare, ma alla fine paga sempre l’Europa – dichiara Giovanni Berneschi, presidente Banca Carige – o queste regole si cambiano o altrimenti subiremo sempre. Il Giappone va male, paga l’Europa, l’America va male, paga l’Europa, va male la Spagna e paga l’Europa”.

"Marketing col cuore" aderisce al "modello di banca senza interessi"

Si tratta del primo progetto italiano di finanza libera da interessi. L'obiettivo è quello di promuovere il risparmio e la creazione di una economia solidale. Il progetto nasce dalla volontà di cambiare il modo di fare banca ed erogare prestiti nel nostro Paese, con un’idea di business sociale "no profit" in cui l’obiettivo sia la sostenibilità economico-finanziaria, non la massimizzazione del profitto. La peculiarità del "sistema  Banca" che auspichiamo sarà, infatti, l’assenza di applicazione di interessi sui prestiti e sulla giacenza. Sarà, inoltre, un modello di reciprocità, in cui i soci, e non i clienti come nel tradizionale sistema bancario, potranno condividere i loro risparmi con gli altri soci, a basso costo.

Nonostante quello che vogliono farci credere, il Paese non è spento. Esiste un‘Italia che si muove per cambiare, che ha deciso di mettersi in gioco in prima persona per provare a modificare i comportamenti individuali e collettivi, per abbattere i pilastri perdenti del sistema esistente e che prova a creare un nuovo benessere; quello che mira a porre al centro la cultura del valore, quello che tende al vero progresso dell’umanità che risiede nella centralità della persona, nell’esaltazione della sua dignità, della sua diversità e nel suo rispetto. 

Alla base dei valori del progetto c’è, dunque, l’esigenza, fortemente sentita oggi dalle aziende come dai privati, di modificare radicalmente l’attuale sistema economico-finanziario, giungendo ad un nuovo paradigma in cui i valori, la cultura e gli individui occupino un ruolo di primo piano: una banca che dia credito esclusivamente all’economia reale e locale consentendo lo sviluppo di una nuova sostenibilità e coscienza ambientale anche in campo economico e finanziario.

Questo nuovo sistema bancario, inoltre, si vuole porre come centro di sviluppo di un’economia dei beni comuni e intende focalizzare la propria attività attraverso:
- l’educazione finanziaria;
- la promozione del risparmio;
- il credito consapevole;
- la creazione di reti di supporto tra soci;
- di sostegno a istruzione e cultura;
- di supporto ad attività ecosostenibili;
- di promozione dell’accesso al credito e dell’autonomia degli individui;
- di creazione di solidi rapporti con imprese, lavoratori e professionisti, con particolare riguardo alle realtà innovative e orientate verso una maggiore eco sostenibilità, realizzazione di prodotti e condizioni operative che agevolino iniziative solidali per i soggetti che operano nel terzo settore.

Come funziona il sistema di risparmio e prestiti

Il meccanismo denominato “sistema di risparmio e prestito bilanciato” può essere sintetizzato come un sistema in cui a garantire i finanziamenti sono le riserve di risparmio dei soci. I capitali prestati sono garantiti dalle somme in deposito. Il bilanciamento consiste nell’equiparare, attraverso un indicatore denominato “punti-risparmio”, le somme in entrata ed in uscita dal sistema.

A garantire la liquidità e la sostenibilità del sistema è, dunque, il meccanismo dei “punti-risparmio”: punti che si accumulano nei periodi in cui il socio effettua depositi e si decrementano nei periodi in cui si accede al finanziamento. Il “punto risparmio” è l’unità di misura monetaria moltiplicata per il tempo di giacenza o ammortamento. Affinché il sistema sia sostenibile, è necessaria dunque l’uguaglianza tra i “punti-risparmio guadagnati” e i “punti-risparmio spesi”.

Al momento dell’accensione del prestito, se i punti accumulati non sono sufficienti a compensare quelli che il prestito consumerà, il socio si obbliga a effettuare un deposito aggiuntivo sul proprio conto, attuando così il meccanismo del “post-risparmio” durante il periodo di rimborso, mantenendo in equilibrio il sistema. La somma accumulata con il “post-risparmio” è di proprietà del socio e sarà disponibile al termine del piano di ammortamento. Il sistema Jak opererà dunque attraverso tre diverse tipologie contabili di conto: conti di “pre-risparmio” (i tradizionali conti correnti o depositi), conti di “post-risparmio” e conti “prestito”.

Chi sono i proprietari di questo nuovo "sistema bancario"

I proprietari sono i soci, tutti con lo stesso “peso” secondo il principio capitario “una testa, un voto”, indipendentemente dalla quota di capitale sottoscritta. Solamente i soci potranno usufruire dei servizi erogati. In sostanza, gli “azionisti” sono i soci ed i “dividendi” sono rappresentati dalla possibilità di avere finanziamenti a bassissimo costo. Nel modello che proponiamo, oltre a quanto detto sopra, ogni socio potrà detenere al massimo lo 0,5% del capitale sociale.

Dove ha funzionato e dove funziona il sistema di banca senza interesse?

Il sistema di cui stiamo parlando ha le proprie origini in Danimarca. Durante la Grande Depressione del 1930, molte aziende agricole fallirono a causa della stretta creditizia e dell’alto costo del denaro. Alcune di esse si riunirono sotto la guida di Kristian Kristiansen che, nel 1931, fondò la società cooperativa Jord Arbejde Kapital (Terra, Lavoro, Capitale – i tre pilastri dell’economia reale), il cui acronimo è “JAK”. JAK considerava, e considera, la struttura degli interessi come la causa principale dell’instabilità economica, e le principali conseguenze ne sono l’inflazione e l’alta disoccupazione.

Da quel momento ad oggi è trascorso tanto tempo e via via si sono susseguiti differenti esperimenti di sistemi di risparmio e prestito senza interessi. Già durante gli anni ‘50 e i primi anni 60 l’idea ed il successo di JAK in Danimarca attirò un certo interesse in Svezia. Nel 1965, dopo diversi anni di studio e di incontri con gli esponenti del progetto danese, la Jord Arbete Kapital svedese prese vita come organizzazione senza fini di lucro. L’associazione crebbe molto lentamente e, solo verso la fine degli anni ’80, il sistema decollò, fino al raggiungimento dello status di banca, con il nome di Jak Medlemsbank nel 1997.

Dal 1997, i membri sono aumentati con una crescita di 1000 per anno e i depositi di circa il 10% l’anno. Oggi, Jak Medlemsbank, con un capitale sociale di circa 7 milioni di euro, una raccolta di circa 121 milioni di euro, a fronte della quale riesce ad impiegare presso i soci circa 100 milioni di euro, ha oltre 38.000 soci che beneficiano delle prestazioni delle banche tradizionali, senza però il ricarico degli interessi sui prestiti, impiega 30 dipendenti ed è supportata da circa 500 volontari.

Negli ultimi anni, il “modello JAK”, grazie soprattutto all’esperimento svedese, ha attirato l’attenzione in molti Paesi e non solo d’Europa. Regno Unito, Finlandia, Belgio, Germania, Canada, Olanda, Spagna e Italia. Attualmente, sebbene alcune delle citate realtà siano già operative sotto forma di cooperative, il progetto maggiormente vicino a replicare il modello bancario svedese è proprio quello italiano.

Attualmente in Italia ...

Stiamo terminando la stesura della documentazione da depositare presso la Consob: il prospetto informativo e tutti gli allegati previsti. Il business plan, uno di essi, è stato terminato, approvato dall’assemblea dei soci del comitato promotore (di cui facciamo parte) ed è in fase di revisione da parte della società specializzata che dovrà redigere la relazione di asseverazione da allegare al prospetto informativo. Terminata tutta la documentazione depositeremo tutto presso la Consob e quando avremo terminato la raccolta del capitale sociale necessario, faremo richiesta di autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria a banca d’Italia.

Le tempistiche sono ancora lunghe, il progetto è complesso ed il percorso ricco di difficoltà. Il nostro obiettivo è quello di potere presentare la documentazione alla Consob entro qualche mese. A quel punto, fatte salve richieste di modifica e/o integrazione, entro due o tre mesi la Consob stessa si esprimerà. Da questo punto in avanti dipenderà dalla volontà delle persone e dal buon lavoro del comitato promotore: se impiegheremo sei mesi o due anni per raccogliere il capitale sociale.

Conclusioni

In questa epoca di crisi economico-finanziaria nata essenzialmente dalla finanza speculativa, può l’idea JAK prendere piede e rappresentare una reale alternativa di medio-lungo periodo al consolidato sistema bancario tradizionale?

Più che un’alternativa, noi ci proponiamo come latori di un modello 'integrativo', complementare all’attuale modo di fare banca. Non saremo in diretta concorrenza con gli altri istituti di credito, almeno nei primi anni, vista la peculiarità dell’operatività proposta. Riteniamo che l’unico futuro possibile sia il ritorno ad una economia "sana", caratterizzata da una dimensione umana, una economia reale e locale. Proseguire sull’attuale strada porterebbe inevitabilmente verso un baratro (cui, peraltro, siamo molto vicini).

È sufficiente osservare le dinamiche socio-economiche per comprendere ciò. La sperequazione (i poveri divengono sempre più poveri, i ricchi sempre più ricchi, ed in minor numero), l’utilizzo della “finanza speculativa” come fondamenta dell’economia reale, la distrazione dei grandi capitali dall’economia reale e dalle esigenze delle persone, ecc… non hanno futuro.

Da molte parti, in moltissimi settori della società, sorgono ormai da anni proposte di cambiamento radicale dei paradigmi (quasi dogmatici) sui cui l’economia “è stata basata” per anni e per secoli. Sempre più spesso le persone cominciano ad organizzarsi dal basso, creando nuovi modelli di riferimento, nuovi strumenti.

Nel nostro piccolo, da anni inseguiamo il "sogno" si un'economia "sostenibile", ora questo sogno sta diventando lentamente realtà: anche in Italia sarà possibile investire denaro restando proprietari del proprio denaro. Senza che le "grandi potenze economiche" possano monopolizzare il mercato del risparmio.

A nostro avviso l’esigenza di un modello bancario come quello proposto da Jak, sia per le persone che per le imprese, è fortissima. Ora si tratta di vedere se all’esigenza si accompagnerà la volontà di agire.

 

 

 


 


Milano 15/11/2013                                                                                         Se sei d'accordo con noi firms anche tu, conto su di te !

 

 


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