No alla bibliometria per valutare università e ricerca

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Ospite

#1

2013-05-22 21:50

Basta con questo schifo! I criteri di valutazione sono una cosa seria, non possono essere affidati a questi incompetenti in malafede...
Mauro Beltrametti

#2 Valutazioni bibliometriche

2013-05-24 13:50

Trovo ridicolo basarsi su liste e dati come quelli di Web of knowledge dove i risultati sono in gran parte dovuti al caso e, cosa del tutto assurda!, non tengono per esempio conto dei libri. Sarei d'accordo su valutazioni bibliometriche se fosse possibile averne di serie e complete. Ma cio' non e' sostanzialmente possibile. Forse lo sara' tra 50 anni. Piuttosto che dati molto casuali sempre meglio il giudizio di commissioni, per quanto casuali possano essere.

Ospite

#3

2013-05-25 19:16

Ho firmato la petizione: No alla bibliometria per valutaere universitàe ricerca.
vedo che la mia firma é confermata. Non intendo modificare o eliminare nulla.
Grazie
B. De Vivo

Ospite

#4

2013-05-25 20:03

Almeno sapessero fare i calcoli! Quello che sta accadendo con gli indicatori per l'abilitazione scientifica nazionale è disastroso. Un totale caos che paralizza il lavoro di decine di commissioni. Parere di presidente di commissione.

Ospite

#5

2013-05-25 21:10

Lo sapete, vero, qual è l'articolo al primo posto nel citation index?
E' un articolo in inglese di uno zootecnico italiano, con un titolo che in italiano sarebbe "Dalla pecora al pecorino". In inglese suona un po' diversamente. E l'hanno citato tutti gli zootecnici del mondo.

Ospite

#6

2013-05-25 22:50

usare indicatori statistici senza interpretarli è come dare più valore alla produzione di 100 souvenirs rispetto all'opera d'arte, è stupido o delinquenziale, scelga l'ideatore, è annullare la cultura stessa
gip

#7

2013-05-26 00:30

purtoppo il meccanismo si basa - a torto e non dicendolo - sulla redditivita' economica della ricerca e non sulla qualita' del lavoro svolto. La redditivita' e' legata ai finanzianmenti ( PIL scientifico) che si basano sulla capacita' - anche di fare ricerca- ma sopratutto di fare PIL: progetto> precari > piu' progetti > piu' soldi > piu' precari > piu' articoli > maggiore probabilita' per una buona valutazione bibliometrica " a peso" . Quindi piu' soldi piu' pubblicazioni. E' un problema di pari opportunita oltre che di capacita'.

Ospite

#8

2013-05-26 06:28

Pensiamo a risolvere in modo decoroso le necessità più cogenti e non ci aggrappiamo sugli specchi in cerca di strani orpelli, spesso allontanandoci dal percorrere strade uniche per la crescita di tutti.

Ospite

#9

2013-05-26 08:47

Condivido al 100%.
Upo

#10

2013-05-26 10:42

Purtroppo il danno è fatto. Cerchiamo pure di chiudere la porta, ma quante centinaia di pecore sono già uscite e si sentono etichettate idonee a cambiare ranking sociale e tassonomico!
Carlo Palombo

#11 Commento a petizione

2013-05-26 11:14

Gli indicatori bibliometrici possono costituire un parametro indicativo di "presenza e regolarità" nell'ambiente della ricerca, ma presentano pericolosi aspetti distorsivi per cui non possono avere efficacia come condicio sine qua non per la selezione dei ricercatori e le progressioni di carriera.
Agli "effetti collaterali sfavorevoli" già denunciati da autorevoli ambienti accademici italiani e stranieri, ne aggiungo qualcuno di assoluta evidenza:

a) Il numero di lavori privilegia soggetti inseriti in gruppi di ricerca forti, nei quali sono certamente presenti figure di assoluto rilievo, ma che includono - almeno nella situazione italiana - altre figure prive di particolari capacità di ideazione, innovazione e promozione della ricerca, che vengono prremiate con la "authorship";
b) Queste figure "minori", se non addirittura piccoli "cloni", ad una valutazione meramente bibliometrica, risulteranno nettamente superiori ad altri ricercatori che operino in contesti meno forti e/o abbiano obiettivi di ricerca meno "popolari" e maggiormente innovativi.
c) Questi due aspetti distorsivi derivano principalmente dall'utilizzo del parametro "numerosità delle pubblicazioni", che tende a premiare il numero rispetto alla qualità della rivista e all'innovazione della ricerca (favoriti dal profliferare degli Open Access Journals), e dal parametro "citazioni", che tende a privilegiare la ricerca consolidata rispetto a quella innovativa.
d) Naturalmente non si nega nè il fatto che alcuni ricercatori / scienziati possano essere assolutamente capaci ed innovativi, ed avere indicatori bibliometrici molto elevati, nè che indicatori bibliometrici decisamente bassi si associno con elevata probabilità a sostanziale inconsistenza scientifica.
e) Riassumendo, a mio parere l'impiego acritico ("oggettivo"?) degli indicatori penalizza molti soggetti potenzialmente meritevoli ai fini della progressione di carriera e, aspetto assolutamente più sfavorevole in prospettiva, rischia di reclutare a livello di ricercatori ed associati, ovvero l'asse portante dell'Università dei prossimi venti anni, molti soggetti scientificamente incosistenti ma "bibliometricamente dotati".
f) Nei Paesi scientificamente avanzati, ad un primo "filtro" bibliometrico seguono colloqui o prove volti a valutare la progettualità del candidato e la congruenza di tale progettualità con bisogni e obiettivi dell'Università, con un ampio margine di discrezionalità da parte della Commissione valutatrice.
g) La discrezionalità peraltro, per essere virtuosa, presuppone la moralità e la visione dell'interesse generale, ed è per questi limiti di fondo che il nostro Paese avverte regolarmente l'esigenza di criteri apparentemente "obiettivi".

Con l'augurio che questa discussione possa contribuire ad affrontare in modo aperto i problemi drammatici della nostra Università, in primis la necessità di garantire un ricambio generazionale "virtuoso".

Ospite

#12

2013-05-26 12:58

Lo scorso novembre sono stata invitata a a far parte della commissione per valutare la proposta di "tenure" di una persona che lavora (senza tenure) alla LSE (London School of Economics). Mi sono stati inviati diversi documenti, incluso il CV, l'elenco delle pubblicazioni, la valutazione del Dipartimento, e la "Research Trajectory" (breve documento dove il/la candidato/a presenta il proprio percorso scientifico - molto utile). Sono stata invitata a LEGGERE (ai fini della valutazione) i quattro lavori indicati dal candidato. Per fornire la mia valutazione (che doveva essere articolata in diversi punti - tipo referaggio), ho dovuto leggere con molta attenzione una parte della produzione scientifica. Con il sistema esistente oggi in Italia, nessuno legge nulla. Ci si limita a classificare e contare.

pstrata
Ospite

#13

2013-05-26 15:56

questa pseudoscienza della valutazione premierà moltissimi gregari che saranno chiamati dai loro capi. Questo porterà a dei disastri che verranno rimediati in tempi lunghissimi a scapito di giovani indipendenti. Si veda che cosa diceva un Premio Nobel: Loose end,Sydney Brenner Current Biology 1995, 5:568. 1568-1568.


Ospite

#14

2013-05-27 05:19

e' assurdo che per apllicare un po' di buon senso, in Italia si abbia bisogno della petizione...della richiesta accorata e collettiva, altro che accountability.

Ospite

#15

2013-05-27 07:10

Ottima iniziativa!!

Ospite

#16

2013-05-28 07:15

E' tutto frutto di una visione industriale/aziendalistica della ricerca che non ha alcun senso...prova ne è che si parla di PRODOTTI della ricerca come se fossero patate da vendere al mercato.

Ospite

#17

2013-05-28 09:15

L'arida valutazione bibliometrica è certamente nemica delle aperture mentali tipiche di una ricerca multidisciplinare che connette tra loro settori disciplinari diversi. Cosa dobbiamo insegnare ai nostri studenti: di non sbirciare neppure nel campicello affianco perchè altrimenti si viene penalizzati dalla mancanza di
riconoscimento del lavoro svolto?

Ospite

#18

2013-05-28 11:34

Condivido pienamente il commento di Carlo Palombo,
Elisabetta Affabris

Ospite

#19

2013-05-29 06:46

L'Universita` ha bisogno di:

1- finanziamenti per la ricerca;
2- piu` posti per permettere gli avanzamenti di carriera ai moltissimi meritevoli sia ricercatori che prof. associati che hanno meritato l'accesso alla fascia superiore;
3-piu` posti per NUOVI ricercatori per i tanti `giovani' che aspettano un futuro che sembra non arrivare.
Queste 3 cose sono le uniche che possono fare uscire l'Universita` dall'emergenza in cui si trova. Attualmente, la struttura si basa sul lavoro extra fatto da molti di noi che profondono impegno e dedizione ben al di la degli stipendi che sono i piu` bassi d'Europa ed hanno delle progressioni perverse.
L'Universita` NON ha bisogno di complicate regole per impedire qualunque progresso e, soprattutto per dare a qualcuno la scusa per NON concedere i finanziamenti necessari. e/o negare avanzamenti di carriera abbondantemente meritati.
MC

#20 Bibliometria causale

2013-05-30 09:14

La causa economica della brutalità di tali giudizi, sempre in corso di variazione, sta nel credito che viene offerto ai nuovi sistemi informatici invasivi (graziosamente programmati dall'industria elettronica multinazionale), che ci stanno succhiando l'esistenza e la salute, nonché mantengono il vizio delle antiche baronie di "pregiudicare" candidati di tutti i tipi: bibliometrie con semafori per docenti, test d'accesso ai corsi di laurea per matricole, test INVALSI per le scuole, trasferimento a Google (California) di tutte le informazioni elettroniche de "La Sapienza", e probabilmente altri casi più o meno gravi. Non vale più nemmeno un curriculum vitae di tutto rispetto o un intero corso di studi per uno studioso e/o studente....
Non rimane che dire: ASSANGE LIBERO !!!
F.to prof. Mauro Cristaldi - naturalista e docente universitario
Silvia97
Ospite

#21

2013-06-03 12:37

Il desiderio di usare criteri meccanici per valutare nasce anche dall'improprio uso di quelli qualitativi. Chi vive in Università sa di sicuro come siano troppi gli esempi di criteri elastici, anzi elasticissimi, grazie ai quali è successo e succede di tutto. Moralizzare i concorsi pubblici a colpi di accetta non è tuttavia una soluzione: anzi! La velocità con cui molti si stanno attrezzando a usare la scure anziché l'elastico è spettacolare, e nel frattempo pochi si sono accorti dei "danni collaterali"- ad esempio l'accettazione di principi perversi come quello delle mediane. Lo dico con la serenità personale di chi sta per andare in pensione come professore ordinario...  ma anche con il dispiacere di chi ha visto maltrattare, grazie al vento dell'impatto, persone più giovani (peraltro già valutate come meritevoli, seppure con altri criteri). L'uso improprio dei criteri quantitativi di produzione ha permesso che a persone così ne venissero preferite altre (un tanto al chilo?) senza tenere conto delle pubblicazioni non impattate, del lavoro didattico e gestionale e, dulcis in fundo, nemmeno del settore disciplinare.

ES

#22 Editoria Internazionale e indici bibliometrici

2013-06-04 08:32

E’ fuor di dubbio che un minimo di qualificata produttività scientifica deve essere un prerequisito essenziale per poter concorrere ad una abilitazione così importante. Tuttavia gli indici bibliometrici adottati destano le perplessità che tutti conosciamo, e la loro adozione “sic et simpliciter” sembra la classica soluzione all’italiana di un problema indubbiamente delicato da risolvere. Nella discussione in atto sulla validità di questi indici bibliometrici voglio fare alcune considerazioni. Prima tra tutte, la considerazione che questi indici non rendono conto di aspetti critici del rapporto tra autore e lavoro. Non è possibile capire dagli indici adottati quanto un autore abbia pesato nel lavoro stesso. Spesso i lavori sono firmati da una pletora di nomi ed è frequente, soprattutto in certi settori, l’inserimento e lo scambio di nomi in tutti i lavori prodotti. E spesso la natura di questi lavori non è nemmeno multidisciplinare, cosa che forse potrebbe giustificare l’alto numero di coautori. Possiamo trovarci di fronte a gruppi che tradizionalmente o forzatamente inseriscono tra gli autori il “capo”, o presunto tale, della struttura in cui operano. Vi sono gruppi che hanno così prodotto quasi un lavoro ogni tre giorni negli ultimi anni. Poi c'è l'aspetto dei tuttologi, cioè di coloro che si occupano delle cose più svariate e che forse in sostanza non si sono occupati di nulla in concreto, tuttologi che con questi meccanismi verrebbero però premiati.
Gli indici adottati sfavoriscono il personale universitario e favoriscono certamente chi proviene dagli enti di ricerca, che, non dovendo impiegare il proprio tempo in lezioni, esami, consegna di verbali, consigli di facoltà, dipartimenti, scuole di specializzazione etc, si è potuto dedicare esclusivamente alla ricerca.
Ma chi ha voluto questi parametri dimostra in realtà di non conoscere cosa sta accadendo nell’editoria scientifica internazionale. Le Riviste sono ormai in crisi perché in pochi se ne possono permettere l’abbonamento, ed ecco che compaiono le riviste free access, a pagamento però. Se vuoi pubblicare un articolo cioè, devi pagare. Il numero di citazioni: qui viene il bello. Bisogna fare molta attenzione. Esiste in letteratura un cartello delle citazioni, orchestrato anche da certi Editori, con l’obiettivo di far lievitare il “prestigio” delle proprie riviste quantificato nel famigerato Impact Factor. Una rivista ha un Impact Factor elevato in base al numero di citazioni che gli articoli pubblicati in quella data rivista collezionano in letteratura. Ora è bene sottolineare che un lavoro pubblicato in una rivista ad alto fattore di impatto può non significare nulla perché il fattore di impatto riguarda la rivista e non il singolo lavoro. Per aumentare il fattore di impatto basta far aumentare le citazioni della rivista. Per questo scopo sono disponibili riviste che iniziano a proliferare sul web, spesso edite da editori asiatici, per pubblicare sulle quali basta pagare qualche migliaio di euro o di dollari per articolo. Alcune di queste riviste sono entrate nell’Olimpo delle riviste con fattore d’impatto; e il gioco è fatto. Difficilmente l’editore di tali riviste rigetta un lavoro, anche contro il parere di referee eventualmente consultati, ed il motivo è semplice: perché perderebbe l’incasso che gli deriva dagli articoli da pubblicare. Per fare un esempio di quanto si verifica si può citare il caso della rivista Cell Trasplantation, che ha utilizzato, tramite ricercatori del suo Editorial Board, una di queste riviste on line, il World Scientific Journal, per farvi apparire articoli che in bibliografia riportavano quasi esclusivamente lavori apparsi su Cell Trasplantation. (http://scholarlykitchen.sspnet.org/2012/04/10/emergence-of-a-citation-cartel/
D’altra parte case editrici prestigiose, comprese quelle di Nature e Science si sono attrezzate con qualche rivista “ombra” on line, e si cominciano ad offrire a pagamento anche gadget legati alla pubblicazione del lavoro (copertine incorniciate ad es.). Bastano una cinquantina di citazioni in più per far innalzare sensibilmente il fattore di impatto di una rivista. Di fronte a questi comportamenti entrambe le riviste sono state sospese dalla Thompson Reuters dall’inserimento nel Journal Citation Report (JCR), e la stessa Thompson Reuters sta verificando la possibile esistenza di altri di questi casi.
Allora, anche il numero di citazioni può essere un indice bibliometrico taroccabile, che può non rispecchiare l’effettivo impatto scientifico di un lavoro.
Ecco perché le Commissioni che dovranno attribuire l’idoneità scientifica avranno un ruolo delicato e difficile, dovendo prestare molta attenzione nell’assicurare quella accurata valutazione dell’attività scientifica che una mera graduatoria basata sul “chi ne ha di più ne metta” non può garantire.
Prof. Eugenio Scarnati, Università dell'Aquila


Ospite

#23

2013-06-06 08:46

Una ottima iniziativa. Se i parametri bibliometrici sono così indispensabili, perché costituire le commissioni per le idoneità?

Ospite

#24

2013-06-08 14:46

:S

Ospite

#25

2013-06-08 15:53

Ho firmato perché penso che l'università e la ricerca pubblica in Italia siano in pericolo. Le abilitazioni scientifiche fatte su base bibliometrica esistono solo da noi, e si sono rivelate un flop prima ancora di partire (la data di fine lavori viene continuamente rinviata).