No alla riapertura al CULTO della Chiesa della TRINITA' a Potenza


Ospite

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2012-05-08 12:28

Si chiama Nicola Picenna e non ha requie da quando nel marzo 2003 il Tribunale civile di Matera, presieduto da Iside Granese, dichiarò il fallimento del consorzio Anthill, di cui era presidente, fondato dal banchiere Attilio Caruso per partecipare alla gara per la concessione delle licenze telefoniche Umts.
Sali a Potenza, sulla scala mobile più lunga d'Europa, piccolo ma rivendicato orgoglio cittadino che ti porta al centro della città, e subito ti raccontano dell'omicidio dei coniugi Gianfredi, Giuseppe e Patrizia, ammazzati a fucilate otto anni fa davanti ai figlioletti.

Un mistero irrisolto, uno dei tanti. Prendi il caffè in via Pretoria, vicino a Palazzo Biscotti, dove abitò Giovannino Russo, gloria giornalistica cittadina, e ti intrattengono sul giallo di Elisa Claps. Sedicenne, mora, carina, alta un metro e cinquantacinque, scomparve una domenica, il 12 settembre 1993. Fu sospettato Danilo Restivo, il ragazzo che aveva appuntamento con lei. Ma tutto finì nel nulla. Salvo che, trasferitosi in Inghilterra, il giovanotto di ottime relazioni familiari a Potenza, manifestò lo stesso vizietto che, a quel che disse la polizia, coltivava a casa: tagliare ciocche di capelli a signore e signorine, per strada, in autobus, ovunque gli capitasse. Scotland Yard, passati gli anni, è ancora lì a studiare il profilo psicologico dell'uomo sospettato per l'assassinio britrannico di Heather Barnett, vicina di casa del sospetto potentino, trovata morta con una ciocca in mano. A Potenza si narra che il cadavere di Elisa, mai più ritrovato, fu sciolto nell'acido o incorporato nella colonna di cemento di un palazzo di undici piani. Ma soprattutto si strologa sulle connivenze, di cui "Chi l'ha visto", i giornali locali e i capannelli di via Pretoria parlano con ridondanza di nomi e cognomi. Il "parrucchiere" sarebbe stato protetto da Michele Cannizzaro, attuale direttore dell'ospedale San Carlo e marito di Felicia Genovese, magistrato di Potenza, ora trasferita dal Csm e indagata per aver archiviato una denuncia contro esponenti dei Ds e della Margherita, in cambio - questa l'accusa - della nomina del marito all'ospedale. Il pentito Gennaro Cappiello sostenne che il marito della Genovese fu anche il mandante del duplice omicidio Gianfredi. Ma l'inchiesta è stata archiviata e il pentito, considerato inattendibile dalla procura di Salerno, denunciato per calunnia.

Tanti anni dopo, innescato dalle inchieste a raffica del pm anglo-napoletano Henry John Woodcock, che agiscono come una sorta di moltiplicatore d'interesse per le antiche vicende, in cima alla città delle scale, che ancora dibatte su un antico stemma raffigurante un "leone gradiente su di una scala" (ma i leoni salgono le scale? ) torna l'incubo degli omicidi insoluti. Non solo Elisa e i Gianfredi, anche i "fidanzatini di Policoro" uccisi nel 1988.

Policoro, sulla costa jonica, è oggi in qualche modo l'epicentro, il luogo epitomico, dell'inestricabile "Basilicata connection", che copre come una nevicata di Santa Caterina l'intera regione e fa lacrimare nel Duomo San Gerardo, patrono di Potenza, e l'arcivescovo Agostino Superbo, indignato non solo per le vergogne locali, ma per i "modelli di vita" dell'Italia televisionara scoperchiati da Henry John. E' lì, a Policoro, che carabinieri e Guardia di Finanza hanno messo i sigilli al villaggio turistico "Marinagri", un complesso di alberghi, ville, marina, del valore di 200 milioni di euro, costruito su terreno demaniale, per il quale è indagata, anche in inchieste connesse su un "gruppo di potere" trasversale, un bel pezzo di giustizia e di politica regionale. Non solo Felicia Genovese, col marito direttore dell'ospedale, ma anche, tra gli altri, i procuratori potentini Giuseppe Galante e Giuseppe Chieco, il presidente del Tribunale di Matera Iside Granese, l'ex presidente della Regione e attuale sottosegretario diessino nel governo Prodi Filippo Bubbico, l'attuale presidente della Regione Vito De Filippo, della Margherita, il senatore Emilio Nicola Buccico, di An, ex componente del Consiglio superiore della Magistratura e candidato a sindaco di Matera alle elezioni del prossimo maggio, la responsabile dell'Agenzia del Demanio Elisabetta Spiz, all'anagrafe moglie di Marco Follini, ex leader dell'Udc appena "scisso" dal socio Pierferdinando Casini, il cui nome ha aleggiato nei pettegolezzi fioriti ai margini delle inchieste televisionarie di Woodcock. Almeno tre, per quel che ne sappiamo, i tronconi dell'inchiesta "Basilicata connection" che pericolosamente s'intersecano: filone sanità, incentrato sulla coppia Cannizzaro - Genovese, filone banche per finanziamenti della Banca Popolare del Materano, Gruppo Popolare dell'Emilia, al presidente del tribunale di Matera, filone speculazione edilizia per "Marinagri" di Policoro. Ma, tra i tanti filoni, torna cupo dal passato, con un'inchiesta riaperta dalla procura di Catanzaro, l'assassinio dei "fidanzatini di Policoro", Luca e Mariarosa, che Carlo Vulpio ha dettagliatamente ricostruito sul "Corriere della Sera".
Ventun'anni di età entrambi, trovati morti nella vasca da bagno, si disse che i due ragazzi furono folgorati per il cattivo funzionamento dello scaldabagno. Nessuno fece l'autopsia. Ma, riesumati i corpi otto anni dopo, si ebbe la quasi certezza che i fidanzati in realtà siano stati prima uccisi e poi gettati nella vasca da bagno. "La vicenda - disse in Parlamento l'allora ministro della Giustizia Piero Fassino - ha risentito in modo determinante dell'insufficienza degli accertamenti espletati".

Perché furono così insufficienti gli accertamenti espletati? Perché la ragazza, Mariarosa, aveva confessato in una lettera al fidanzato Luca: "Amore mio, spero che resterai accanto a me anche quando ti confesserò una piccola parte di me, che voglio cancellare per sempre". La parte da cancellare erano festini con personaggi potenti, serate allegre di sesso e droga, ben retribuite, che facevano tremare mezza Basilicata. Quelle serate, secondo la pentita Maria Teresa Biasini, sarebbero state frequentate, tra gli altri - come hanno riferito le cronache - dal giudice del Csm Nicola Buccico, dall'avvocato Giuseppe Labriola, segretario provinciale di An, e da un giudice "dai capelli bianchi e dagli occhi di ghiaccio", l'unico di cui il nome non viene fatto esplicitamente. Chi era? Per saperlo basterebbe ascoltare le chiacchiere da bar di via Pretoria. Ma la vicenda è stata archiviata a Potenza perché priva di ricontri. Buccico, magistrato del Csm e senatore di An, per parte sua, prima difende come avvocato la famiglia dell'assassinato, poi diventa avvocato del pubblico ministero Vincenzo Autera, quello che per l'omicidio dei due ragazzi aveva chiesto l'archiviazione.