No alla privatizzazione dei beni comuni e risorse strategiche!

Ci hanno ormai abituati all’emergenza infinita e soprattutto a ciò che questa porta con sé: la deroga, in nome dello stato di eccezione, ai principi costituzionali, ai diritti fondamentali, allo stesso patto sociale su cui ogni Stato si fonda.

Durante la pandemia, tutto era possibile e doveva essere accettato: nessuna voce doveva porre interrogativi su COME venisse gestita l’emergenza, sulle scelte di politica sanitaria, economica e sociale, nonostante oggi sia sotto gli occhi di tutti (e anche nelle sentenze del TAR) come le scelte di questo governo abbiano fatto più danni che risolto problemi. 

Oggi, con la guerra, ci stanno abituando che sia giusto e normale veder lievitare i prezzi di tutto, nonostante l’Italia sia l’unico posto in Europa dove i salari sono diminuiti negli ultimi 30 anni (in Germania, che ci “insegna come stringere la cinghia”, sono aumentati del 30%): lo stesso Presidente del Consiglio propone il ricatto morale per cui bisogna scegliere tra la pace e i condizionatori. Peccato che le sanzioni alla Russia che vengono invocate per giustificare l’aumento dei prezzi, su petrolio e metano non siano mai partite: la benzina a più di 2€ al litro, il metano per il riscaldamento delle case triplicato, non sono colpa della guerra ma delle speculazioni che hanno coinvolto soprattutto banche e fondi di investimento privati. Banche e fondi che sono la patria delle porte girevoli da cui passano buona parte dei senatori e parlamentari italiani ed europei, compreso lo stesso Draghi, che più che un uomo di Stato, è un uomo di Goldman Sachs.

Le stesse banche che ora ci ricordano che il PNRR e la deroga al patto di stabilità valgono fino al 2024, poi si torna al fiscal compact, che vuol dire tagli (ulteriori) a sanità, scuola, ricerca, energie rinnovabili. 

Questo mentre ci si ostina a ignorare come l’Italia, prima del Covid, fosse già da 30 anni sovente in avanzo primario (ovvero pagavamo di tasse più di quanto lo stato investisse in spesa pubblica ) e come la stagione di tagli e privatizzazioni inaugurata negli anni ’90 non abbia arrestato in alcun modo la crescita del debito pubblico, che al contrario è aumentato a dismisura proprio a causa degli enormi interessi pagati a seguito del divorzio tra Tesoro e Banca d'Italia del 1981. Un debito pubblico che però oggi viene ancora usato come scusa e come clava per poter svendere i resti di quel patrimonio pubblico che Draghi in primis, prima come direttore generale del Tesoro, poi come Governatore della Banca d'Italia, poi come Presidente della BCE e infine come Presidente del Consiglio, ha diligentemente regalato al peggior offerente, riducendo la qualità dei servizi ed aumentando i costi per i cittadini: tra i tanti esempi negativi, citiamo solo Autostrade, per carità di patria.

 

I beni, le risorse ed i servizi strategici devono tornare ad essere pubblici al 100%, non terreno di interesse e speculazione per fondi privati che poi “giudicano” lo stato di salute della nostra economia!

Per questo come persone che abitano il territorio italiano chiediamo immediatamente:

 

  • La ripubblicizzazione di tutti i beni, i servizi e le risorse strategiche e delle aziende partecipate che li gestiscono, escludendone la quotazione in borsa.
  • Il blocco immediato del Decreto Legge Concorrenza
  • La cancellazione del pareggio di bilancio per lo Stato e tutte le amministrazioni pubbliche e l’abrogazione di ogni riferimento in Costituzione

 

Come cittadini di Reggio Emilia chiediamo:

 

  • La ripubblicizzazione di IREN ovvero il ritorno di tutte le proprietà e della gestione delle  infrastrutture dedicate ai servizi di distribuzione di gas, acqua e raccolta dei rifiuti ad un ente pubblico come lo era AGAC.  Chiediamo che la sottrazione ai principi della “libera concorrenza” di questi servizi fondamentali parta dallo scorporo da IREN del ramo di gestione idrica, da affidare ad “un soggetto a proprietà pubblica” come previsto nella delibera del Consiglio Comunale di Reggio Emilia del 2012 e dal referendum per l’acqua pubblica del 2011.

 

I territori e le relative risorse sono e devono essere di chi li vive, li costruisce, li abita. Non di chi ci specula.


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